LA BASILICATA STA MORENDO. IL SUD DEL SUD

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di Vincenzo Maida

La Basilicata è una regione posta geograficamente al centro di un’ampia e popolosa area del mezzogiorno d’Italia comprendente la Campania, la Puglia e la Calabria. Ricca di corsi d’acqua, bagnata da due mari, un sottosuolo pregno di idrocarburi e dotata di un clima mite, vanta caratteristiche storico-paesaggistiche che rappresentano un’enorme risorsa sottoutilizzata.

I residenti in Basilicata al primo gennaio 2018 erano 567.118, oggi sono scesi a 534,608, un calo pauroso.

Su 131 comuni solo 12 superano i 10.000 abitanti, i restanti sono piccoli comuni dispersi su un vasto territorio, difficilmente raggiungibili per un obsoleto sistema infrastrutturale e sempre più disabitati. Infatti la Basilicata è la regione con la più bassa densità abitativa: 59 abitanti per kmq, a fronte di una media nazionale di 173 a/Kmq per il sud e di 143 a/Kmq per l’Italia.

Agli inizi degli anni ’70 i lucani erano 640.000.

Terz’ultima regione per PIL (prodotto interno lordo), ultima per consumi delle famiglie, il 26% della popolazione è sotto il livello di povertà relativa (la media nazionale è dell’11% ). La percentuale degli uomini in attività è del 49,6%, quella delle donne del 34% a fronte di una media nazionale del 58%. La percentuale di disoccupati, quella reale, supera il 22%, vale a dire più del doppio di quella nazionale.

La Basilicata perde oltre 30.000 residenti ogni 10 anni, senza considerare che tantissimi, per varie ragioni, sfuggono ai dati statistici perché pur risiedendo temporaneamente o definitivamente in altre aree conservano la residenza nel loro paese d’origine.

Il fenomeno migratorio, accentuato nell’ultimo decennio, colpisce, particolarmente, i giovani scolarizzati determinando un pericoloso depauperamento della regione sia in termini numerici che qualitativi.

Si tratta dunque di una forma di emigrazione decisamente più grave di quella degli anni 60-70. Allora emigravano le braccia, oggi emigrano i cervelli.

Fortunatamente è naufragato il famigerato progetto immigrazionista “We are the people” che l’ex-presidente della giunta regionale, Marcello Pittella, sosteneva e di cui nessuno si ricorda più. Esso di fatto prevedeva il ripopolamento della Basilicata non attraverso politiche demografiche, di sostegno alle famiglie e/o alle giovani coppie, non per mezzo di politiche per il lavoro ma attraverso l’indiscriminata accoglienza di migliaia di extracomunitari per rendere la Basilicata luogo di arrivo di disperati e, di certo, anche integralisti e fanatici islamici pericolosi per l’intera nazione italiana.

Al 31 dicembre 2017, i cittadini stranieri registrati che risiedevano in Basilicata erano 22.500, circa il 4% del totale della popolazione lucana. Il dato è emerso dal Rapporto Immigrazione 2018 dell’Osservatorio migranti Basilicata. In provincia di Potenza risiede il 54,2% dei cittadini stranieri, pari a 12.195, dei quali 1.939 nel capoluogo, con una incidenza sulla popolazione del 3,3%. Nel Materano sono 10.305, dei quali 2.591 a Matera, 1.407 a Policoro e 1.047 a Bernalda, con una incidenza complessiva sulla popolazione del 5,2%. 

La comunità straniera più numerosa è quella rumena (soprattutto donne) con il 40,5%, seguita da quella albanese (8,2%), marocchina (7,4%), nigeriana (4,5%), indiana (4,4%), cinese (3,7%) e ucraina (3,5%).

 I cittadini stranieri regolarmente soggiornanti sono 11.806, distribuiti per lo più nella provincia di Potenza (6.315) rispetto ai 5.491 di quella di Matera. Per la gran parte sono uomini (60,7%) non coniugati, provenienti da Albania, Marocco, India, Cina, Nigeria. Il 78,3 per cento ha un’età compresa tra i 18 e i 64 anni.

E’ in atto una lodevole azione di contrasto, da parte delle forze dell’ordine e della magistratura,  alla mafia nigeriana che ha assunto il controllo dello spaccio di stupefacenti  nel territorio di Potenza, per il resto a parte episodi di cronaca e alcune risse tra immigrati, la maggior parte degli stranieri, proprio in virtù dei bassi numeri sono ben integrati. Il dato che emerge negli ultimi tempi è quello della loro emigrazione: dalla Basilicata ormai emigrano anche gli immigrati.

La Basilicata sebbene sia, potenzialmente, una delle regioni più ricche d’Italia grazie alle sue risorse idriche, del sottosuolo (i suoi al giacimenti petroliferi  la rendono la prima piattaforma europea su terra ), alle sue bellezze e varietà paesaggistiche, purtroppo  registra nuove e vecchie povertà a cui si aggiunge un costante spopolamento che rende molti comuni prossimi alla estinzione.  

Autorevoli economisti sostengono che per le risorse di cui dispone la Basilicata (acqua, petrolio, gas, agricoltura di qualità, bellezze paesaggistiche e ambientali, ecc..ecc..) e per il suo numero di abitanti, potrebbe conseguire, facilmente, la piena occupazione con, ovviamente, un netto miglioramento della qualità della vita ed un’inversione di tendenza delle sue attuali negatività.

Purtroppo la situazione drammatica in cui versa è riconducibile, come già accennato, a scelte politiche completamente sbagliate ed autoreferenziali che dalle entrate in vigore delle regioni ad oggi, hanno devastato l’intero quadro socio-economico della regione. 

Ha governato la regione una vera e propria oligarchia che attraverso logiche clientelari e fenomeni di corruzione morale ha inteso produrre il consenso attraverso un asfissiante controllo sociale.

La svolta con la vittoria del centrodestra alle ultime elezioni regionali, vinte a seguito di una inchiesta giudiziaria relativa ad alcuni concorsi nella sanità, che portò all’arresto dell’allora presidente Pittella, poi assolto, mentre i vertici dell’azienda sanitaria di Matera sono stati condannati, purtroppo non ha determinato un reale cambiamento, anzi.

Se si esclude l’unico provvedimento positivo e innovativo posto in essere dalla giunta di Bardi, Forza Italia, nessun provvedimento è stato posto in essere per rendere evidente l’intenzione di voltare pagina e conquistare la fiducia dei lucani

Con la legge regionale del 21 dicembre 2017, n. 37, recante «Contenimento dei costi della politica: diminuzione emolumenti Consiglieri regionali della Basilicata, la Regione Basilicata modificando la  L.R.. 29 ottobre 2002, n. 38 “Testo unico in materia di indennità di carica, di funzione, di rimborso spese, di missione, di fine mandato, di assegno vitalizio spettanti ai Consiglieri regionali della Regione Basilicata”, ha tentato di dare una risposta al crescente malumore degli elettori nei confronti del ceto politico. 

Le parole, purtroppo, non sono state seguite dai fatti considerato che le belle premesse della legge non hanno avuto alcun seguito.

Anzi, a fronte di una povertà generalizzata, insistono sacche di privilegio tanto nel ceto politico che in quello burocratico regionale. 

Basti dire che, un direttore generale di un’Azienda Sanitaria, individuato sempre nell’ambito dei Clientes, nonostante il continuo e mancato raggiungimento di obiettivi, continua a percepire compensi e premialità decisamente superiori a quelli delle altre aziende sanitarie italiane.

Un intervento politico, incisivo,  su questo aspetto della vita pubblica, oltre ad essere un segnale per riconquistare la fiducia dei cittadini e dare un senso alla politica come missione e vocazione, farebbe risparmiare anche risorse da investire per scopi sociali. 

Anche i vitalizi erogati agli ex consiglieri regionali dovrebbero essere ridimensionati. Vi sono casi in cui, per una sola legislatura degli anni ’70, gli interessati percepiscono un vitalizio di circa 2.000 euro a partire dall’anno 1982.

Altro capitolo su cui intervenire è quello relativo alle nomine negli enti sub-regionali e quello dei pubblici concorsi imponendo una visione corretta volta a premiare la meritocrazia e non l’appartenenza o vicinanza al politico di turno.

E’ necessario abolire il sistema del “familismo amorale” imperante in Basilicata e caratterizzato dalla sistemazione, nelle ASL e negli Enti regionali, di interi nuclei familiari collegati geneticamente ed affettivamente ai politici del Partito Democratico.I concorsi nella pubblica amministrazione in Basilicata vengono aggiudicati al candidato più raccomandato, come è emerso anche e tardivamente, dalle inchieste giudiziarie. I nomi dei vincitori dei concorsi vengono concordati prima dei bandi di concorso a dispetto di concorrenti realmente meritevoli e ritenuti dal potere politico, come registrato in una intercettazione telefonica, “una inutile zavorra”.

E’ stato calcolato che oltre 30.000 sono i soggetti che a vario titolo ruotano intorno all’apparato pubblico costituendo una micidiale arma da guerra necessaria per conseguire e mantenere i consensi elettorali che hanno garantito lo status quo. 

Questa è una parte della drammatica fotografia della realtà lucana. 

In questa ottica sarebbe necessario che i lucani si riappropriassero del loro destino proponendo uomini ed idee utili per intercettare il consenso e per ridare dignità ad una regione prostrata e privata di un futuro degno di una regione che potrebbe diventare la guida economica e sociale per l’intero Mezzogiorno d’Italia. 

Si tratta ovviamente solo di un’ auspicio del quale all’orizzonte non si intravedono segnali e intanto il prossimo anno si vota per rinnovare il consiglio regionale.

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