Con 139mila ettari di coltivazioni biologiche (il 27,6% del totale) e 3280 operatori bio la Basilicata ha una forte caratterizzazione di agricoltura e zootecnia biologiche e conferma la quarta posizione tra le regioni italiane per incidenza delle superfici biologiche. A sottolinearlo è Cia-Agricoltori e Anabio-Cia Basilicata in occasione della Giornata Europea del biologico (23 settembre). Il 2023, primo anno di applicazione della nuova Pac, ha visto crescere in regione le superfici investite a biologico e il numero di operatori coinvolti. I dati del rapporto Bio dell’Ismea lo certificano: in un decennio la superficie è cresciuta del 174% (più 84mila ettari) e gli operatori in oltre 2mila. In Basilicata al primo posto i cereali (39mila ha), seguiti da prati pascolo (28mila ha), colture foraggere (20,5 mila ha), colture industriali (9.400 ha), olivo (6.600 ha) e vigneti (circa 1000 ha). Con il passaggio alla nuova programmazione della Politica agricola comune e il cambiamento di alcune regole – viene evidenziato nel Rapporto – sono emerse alcune criticità sia dal lato delle amministrazioni regionali, che hanno dovuto revisionare una macchina organizzativa collaudata dopo anni di politiche di sviluppo rurale, cimentandosi per la prima volta con la programmazione delle misure del primo pilastro, sia dal lato delle aziende beneficiarie, nella difficile impresa di orientarsi nel fitto reticolato di vincoli, impegni e interventi, con questi ultimi talvolta in concorrenza tra loro per la non cumulabilità degli aiuti. Uno scenario reso ancora più complesso dall’inasprimento, protrattosi nel 2023, dei costi di produzione, che ha accentuato nel settore la dipendenza dai sussidi pubblici, in un contesto aggravato dagli eventi climatici avversi che hanno colpito diverse aree del Paese, rendendo le operazioni in campagna, soprattutto per le aziende biologiche, più onerose e difficoltose anche nella gestione agronomica. L’associazione di Cia-Agricoltori Italiani per la promozione del settore, in occasione della Giornata Europea del biologico, rinnova le richieste principali: procedure di certificazione più snelle, campagne informative e di comunicazione per incentivare i consumi, meno burocrazia nella fase di conversione al biologico e in quella di mantenimento, sgravi fiscali per i produttori del bio, uniformità in Europa riguardo a produzione, commercializzazione e controlli nel comparto e maggiori sostegni a ricerca, innovazione e formazione per il settore. Il peso del bio nella Gdo è fermo al 3% per un giro d’affari sui 2,1 miliardi di euro. “Dobbiamo fare di più e tutelare il podio europeo del biologico Made in Italy anche sul fronte dei consumi -sostiene il presidente nazionale di Anabio-Cia, Giuseppe De Noia-. La crescita del mercato interno deve superare e consolidare la doppia cifra (+9% nel 2023). Per questo bisogna accelerare con il Piano d’azione nazionale per il bio e fare la differenza, soprattutto con iniziative concrete e mirate che diffondano in modo più organico e capillare, corrette informazioni sul valore delle produzioni biologiche”.Il tema della contrazione dei consumi è, dunque, per Anabio-Cia il nodo al pettine del settore, rischio e opportunità da affrontare subito attraverso strumenti che agevolino l’aggregazione della domanda, anche tramite i contratti di rete, i distretti bio, le intese di filiera e le Organizzazioni interprofessionali. Inoltre, alla luce delle criticità del comparto bio, Anabio-Cia torna anche a ribadire l’urgenza di collegare l’iter amministrativo della certificazione, relativa ai metodi di produzione biologica, al fascicolo aziendale, che contiene il piano di coltivazione e che rappresenta lo strumento più opportuno in cui generare e gestire i PAP. Il fascicolo, infatti, sottolinea l’Associazione di Cia, deve rappresentare anche per l’azienda biologica il suo contenitore amministrativo, per semplificare le procedure come per dialogare con la Pubblica amministrazione e con gli enti di controllo e certificazione.
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