Tra fatti di sangue e di briganti

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… QUANDO LA CHIESA MADRE DI PISTICCI FU PROFANATA

di Giuseppe Coniglio

Il Clero ha il preciso dovere di vigilare affinchè i Sagrati siano rispettati, impedendo qualsiasi forma di manifestazione che non sia consona al ruolo che essi rivestono.

A giudizio degli esperti e degli studiosi di diritto canonico, quanto accaduto a Roma, nella Basilica di S. Pietro, anni fa, (il suicidio di un pensionato barese) ha pochi precedenti negli Annali di Storia Ecclesiastica, per cui all’epoca si sviluppò uno stimolante dibattito sull’interpretazione del concetto di profanazione e della procedura da seguire. Nel caso in questione, si addivenne alla conclusione che il grave gesto non costituiva di per sé una deliberata profanazione del tempio ed ogni cosa si risolse attraverso una cerimonia di “riparazione”. Per un utile raffronto, ci si può richiamare ad alcuni episodi di vilipendio e di profanazione, accaduti nella Chiesa Madre di Pisticci, che invece furono risolti in maniera ben diversa. Nel 1748, sul sagrato del tempio, un certo Nicola Grieco fu ferito in maniera lieve da una coltellata inferta da Benedetto Di Benedetto ed alcune gocce di sangue bagnarono il luogo sacro. Solo per questo, l’autorità ecclesiastica dispose immediatamente la chiusura della Chiesa per ben quattro giorni, affinché fosse “polluta”, cioè purificata, da parte dell’arciprete Ettore Macario e del suo vicario.  La fonte è autorevole e proviene da un religioso di origini tursitane, don Carlo Santissimo, sacerdote solerte ed attento, che annotò l’avvenimento su un prezioso manoscritto. L’altro episodio, ben più grave del primo, risale al 1806, quando una comitiva brigantesca, capeggiata dai fratelli Nicola e don Pasquale Abalsamo Pagnotta (sacerdote), dopo aver saccheggiato molte case ed ucciso dieci persone con l’ausilio di alcuni manutengoli del posto, profanò la Chiesa Madre. Pagnotta vi entrò con il suo cavallo bianco e pretese l’intonazione del Te Deum da parte di un prete. Dopo il netto rifiuto, si vendicò portando con sé alcuni ostaggi tra cui una giovanissima ragazza, che poi fu travolta dai dragoni francesi durante l’inseguimento, scambiata per brigantessa. Qualche giorno dopo, l’arciprete Pietro A. Laviola, su disposizione del vescovo, fece chiudere il tempio per una settimana, trascorsa la quale lo purificò, celebrando con il Capitolo un solenne rito religioso, spargendo alla fine acqua benedetta tra i fedeli, sui sacerdoti e chierichetti, e lungo le due navate laterali. Ieri come oggi. Il Sagrato riveste la duplice funzione di creare un’area di rispetto tra il luogo sacro e la pubblica strada. E’ quindi un luogo di diretta pertinenza della chiesa e deve considerarsi luogo sacro. Il Clero ha il preciso dovere di vigilare affinchè il luogo sia rispettato, impedendo qualsiasi forma di manifestazione che non sia consona al ruolo che riveste.

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