«Le esposizioni più elevate all’amianto accorciano la vita anche di oltre trent’anni»

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Reportage udienza 16 gennaio 2023

«L’esposizione all’amianto causa il tumore polmonare e il mesotelioma, oltre al cancro alle ovaie e alla laringe e l’asbestosi. L’amianto è il cancerogeno di origine occupazionale più importante a livello mondiale, con circa 125 milioni di persone esposte all’amianto sul posto di lavoro». L’affermazione è contenuta nello «Studio Azzolina e altri», pubblicato a novembre 2022 sull’autorevole rivista scientifica Thorax e incentrato sulla «Misura dell’avanzamento del tasso di tumore al polmone e mesotelioma pleurico in lavoratori esposti all’amianto». Il lavoro, condotto sull’osservazione di 12578 lavoratori del cemento amianto in Italia, è stato oggetto di un animato confronto tra consulenti della procura e della difesa all’udienza di lunedì 16 dicembre del processo Eternit Bis, che si svolge in Corte d’Assise a Novara nei confronti dell’imputato Stephan Schmidheiny. L’imprenditore svizzero è accusato dell’omicidio volontario, con dolo eventuale, di 392 casalesi morti a causa del mesotelioma provocato all’amianto.

Prosegue il capoverso estratto dallo studio Azzolina et al: «Secondo le stime globali, almeno 107000 persone muoiono ogni anno per tumore ai polmoni asbesto correlato, per mesotelioma e asbestosi derivanti da esposizioni professionali. Il mesotelioma maligno è uno dei peggiori lasciti dell’esposizione all’amianto, con una stima di 27 mila decessi a livello mondiale nel 2017 (e qui si fa riferimento alle esposizioni professionali, ma poi ci sono le moltissime esposizioni ambientali che sappiamo quanti decessi abbiano causato e continuino a causare nel territorio di Casale Monferrato, ma non solo ndr)».

E ancora: «L’evidenza epidemiologica indica che la frequenza di cancro ai polmoni asbesto-correlato, mesotelioma e asbestosi aumenta con l’aumentare dell’esposizione cumulativa alle fibre».

Queste le premesse. Il risultato principale è che la mortalità è anticipata e lo è tanto più quanto maggiore è l’esposizione cumulativa. Confrontando i lavoratori con l’esposizione più alta e quelli con la più bassa a 40 anni di distanza dall’inizio delle loro esposizioni, è stata trovata un’anticipazione 26,6 anni per i tumori polmonari e di 33,8 per i mesoteliomi della pleura.

La conclusione è che «il presente studio» ha soprattutto «fornito per la prima volta stime quantitative dell’accelerazione temporale della mortalità per i tumori del polmone e della pleura con l’aumento dell’esposizione cumulativa all’amianto in ambito lavorativo».

E’ uno dei dilemmi più impegnativi che si troveranno ad affrontare i giudici della Corte d’Assise (presidente Gianfranco Pezone, a latere Manuela Massino più i sei popolari) quando dovranno esprimere una sentenza in merito alle contestate responsabilità dell’imprenditore svizzero in merito alle 392 vittime casalesi.

La domanda è: a una maggiore esposizione all’amianto corrisponde una anticipazione della comparsa del mesotelioma pleurico? Ovvero: rispetto ad una esposizione cumulativa «bassa», un aumento della esposizione cumulativa fa anticipare la morte per mesotelioma? (Precisiamo che l’esposizione cumulativa corrisponde alla somma di tutte le esposizioni di una persona durante la sua vita lavorativa).

Sì, è il parere convinto degli epidemiologi Corrado Magnani e Dario Mirabelli, consulenti dei pm Gianfranco Colace e Mariagiovanna Compare: l’evento morte, a fronte di una maggiore esposizione cumulativa all’amianto, viene anticipato, in base ai calcoli elaborati dallo studio Azzolina, da un minimo di 19 anni (per un’esposizione di livello intermedio, rispetto a quella più bassa) fino a 33 anni (per l’esposizione più alta, sempre rispetto alla più bassa). Ad esempio, consideriamo una persona fortemente esposta all’amianto a partire dall’età di 25 anni e deceduta a 65 per mesotelioma della pleura. Se anziché alla massima esposizione fosse stata esposta al più basso livello considerato nello Studio Azzolina, non avrebbe sviluppato il mesotelioma? Dal momento che avrebbe comunque ricevuto un’esposizione, avrebbe ancora potuto ammalarsi, ma solo 33 anni più tardi, cioè a 98 anni di età. Questa previsione, ovviamente, ha un valore di media, ottenuta studiando la mortalità in una popolazione. Ciò non significa che quella persona sarebbe sicuramente campata fino alla soglia del secolo di vita, perché ci sono altre cause alternative di morte (una diversa malattia, un infarto, un incidente… ad esempio); in questo caso, non si sarebbe neppure arrivati a una diagnosi di mesotelioma.

Magnani e Mirabelli avevano già mostrato gli indizi scientifici a sostegno della tesi dell’anticipazione in occasione dell’esame (29 novembre 2021) e del controesame (13 dicembre 2021).  Lo Studio Azzolina et al è, a loro giudizio, una prova in più, un giudizio che, nel confronto processuale che ha impegnato l’intera giornata di lunedì, hanno argomentato e motivato con dati e grafici. Non ne avevano parlato nelle udienze in cui erano stati ascoltati, perché il lavoro non era ancora stato pubblicato.

Di parere ovviamente opposto il consulente della difesa Canzio Romano. Che dice: «Lo studio Azzolina non supera le conoscenze che già avevamo e cioè che a una maggiore esposizione alla fibra di amianto corrisponda un maggior tasso di incidenza». In altre parole: più aumenta l’esposizione all’amianto, più aumentano i casi di persone che si ammalano di mesotelioma. E fin qui… Quel che nega Romano è «che ci sia un’anticipazione» (cioè che queste persone si ammalino prima rispetto alla loro naturale aspettativa di vita, se non fossero state esposte). Il tono è provocatorio: «Non so come Magnani possa dimostrarlo, se me lo dimostra sono disposto a crederci».

Secondo il professor Romano (e altri consulenti della difesa precedentemente esaminati), o a una maggiore esposizione alla fibra corrisponde un aumento dell’incidenza oppure c’è un accorciamento della latenza convenzionale (cioè il lasso di tempo compreso tra la prima esposizione e la morte): o è l’una o è l’altra.

Secondo i consulenti della procura Magnani e Mirabelli, invece, aumento e anticipazione dell’incidenza sono due facce della stessa medaglia: la stessa cosa misurata in due modi diversi.

Il consulente della difesa, poi, contrattacca su un altro resistente pilastro delle proprie tesi: insiste che il ruolo dell’epidemiologia consiste nell’osservare e analizzare il comportamento di gruppi di persone, in condizioni simili, ma i risultati ottenuti sarebbero dati medi e probabilistici; pertanto, questa scienza a suo parere non può essere ritenuta valida e non può essere applicata nei singoli casi.

Ma è quel che si fa sempre, è la replica degli scienziati Magnani e Mirabelli; ad esempio anche nella sperimentazione dei farmaci, facendo una comparazione tra un gruppo di malati cui viene somministrato un farmaco nuovo da testare e un altro gruppo cui viene somministrato un vecchio farmaco o un farmaco placebo. Se viene dimostrata, nel gruppo A, una maggior efficacia della nuova cura rispetto a quella vecchia somministrata al gruppo B, la terapia nuova viene poi adottata per i casi singoli.

Romano scuote la testa: «Io rimango della mia idea: l’epidemiologo ci dà informazioni sul gruppo e non sull’individuo». Parla di «valutazioni probabilistiche» e di «spannometria».

Alle accuse, già mosse in precedenti udienze, circa l’epidemiologia considerata come un coacervo di osservazioni su gruppi e popolazioni, i consulenti della procura hanno replicato: «L’epidemiologia si basa sull’osservazione e sull’analisi di casi concreti di singole persone che si sono ammalate». Inoltre, Magnani insiste e chiarisce: «Tutti gli studi hanno un margine di imprecisione, ma i lavori che abbiamo fatto li abbiamo condotti cercando di non avere errori sistematici (cioè causati da metodi di misura non corretti, ndr) che farebbero allontanare il rischio stimato dal rischio vero». Pertanto, «il dato medio ottenuto è una stima non distorta, e i risultati sono coerenti, ripetibili con analisi condotte in modo diverso».

Poiché il processo nei confronti di Schmidheiny si occupa di 392 specifici casi di omicidio, lo sforzo cui la difesa si dedica fin dall’inizio del processo non è tanto teso a portare e a dimostrare concrete tesi contrarie a quelle sostenute dalla procura, ma semplicemente minarle con i dubbi; in questo caso, mettere in dubbio che i risultati dei molteplici studi epidemiologici possano essere applicati per i singoli morti.

I CONSULENTI DELLE PARTI CIVILI

Il confronto disposto dal presidente della Corte Pezone ha coinvolto anche i consulenti della difesa Gino Barbieri ed Edoardo Bai.

Barbieri ha tenuto a precisare un aspetto su cui era stato contestato dai consulenti della difesa riguardante «esposizioni ignote», cioè persone che si sono ammalate di mesotelioma e di cui inizialmente non si era riusciti ad accertare la fonte di esposizione all’amianto. «Le ricerche che si sono protratte negli anni hanno poi permesso di identificare le fonti consentendo di classificare i casi come “certamente” esposti e non “probabilmente”».

Nelle registrazioni dei mesoteliomi (come i ReNaM), tra le persone per le quali non si riesce a dimostrare una pregressa esposizione all’amianto è molto difficile distinguere tra “effettive non esposizioni”, “probabile assenza di esposizioni”, “inadeguata ricostruzione a posteriori della storia di esposizione” o “totale mancanza di dati”.

Ma senza esposizione all’amianto si svilupperebbe il mesotelioma? In un dibattito che si è svolto alla sede dell’Afeva di Casale, nell’ottobre dello scorso anno, l’epidemiologo italiano Benedetto Terracini (autore dei primi studi condotti a Casale) pose al medico del lavoro americano Arthur Frank proprio questa domanda e cioè se esistono mesoteliomi non legati all’amianto. E la risposta? Il professor Frank disse che, se mai questa possibilità esiste, è un’evenienza eccezionale.

Bai, invece, ha stigmatizzato il fatto che i consulenti di Schmidheiny hanno citato a sostegno delle loro tesi uno studio svolto nel 2012 dagli epidemiologi Carlo la Vecchia e Paolo Boffetta, su commissione della Montefibre e che era stato oggetto di accuse di conflitto di interessi. Bai ha ricordato che «La Vecchia e Boffetta avevano detto di aver condotto lo studio con il contributo dell’Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro». Invece, «l’Airc stessa aveva immediatamente smentito, spiegando, tra l’altro, che Boffetta, che lavora all’estero, non aveva mai chiesto contributi all’Airc anche perché l’Associazione per statuto può finanziare soltanto ricercatori che lavorano in Italia».

CALENDARIO PER LA DISCUSSIONE

La fase dibattimentale del processo Eternit Bis avanti alla Corte d’Assise di Novara è praticamente terminata. Il presidente la chiuderà formalmente nell’udienza del 30 gennaio, per consentire alle parti la produzione degli ultimi documenti. Sono state poi concordate e fissate le date per la discussione. Eccole: lunedì 30 gennaio e venerdì 10 febbraio requisitore dei pubblici ministeri; lunedì 20 febbraio e lunedì 27 febbraio arringhe dei legali delle parti civili; venerdì 10 marzo e mercoledì 29 marzo arringhe dei difensori. La Corte fisserà, probabilmente tra fine aprile e maggio, un’ulteriore udienza per le repliche, prima di ritirarsi in camera di consiglio per decidere il verdetto.

PROTESTE DEI GIUDICI POPOLARI

Tra i giudici popolari, una in modo particolare ha esternato segnali di disappunto, prima in aula poi nel corridoio al termine dell’udienza: «Dall’inizio di questo processo – ha detto contrariata – non abbiamo ancora percepito nessun compenso o rimborso spese. Abbiamo aspettato, ma adesso ci è stato detto che sono stati esauriti i soldi per il 2021! C’è chi non è di Novara, ma viene da altre località e ha anticipato le spese di viaggio oltre a sostenere disagi per contemperare i propri impegni lavorativi».

Il presidente della Corte d’Assise, Pezone, interpellato, ha precisato che la questione di carattere amministrativo-economico è di competenza della cancelleria della Corte d’Appello di Torino. In ogni caso, auspica che qualsiasi disservizio possa essere rapidamente chiarito e definito.

A seguire, i link degli articoli riferiti alle udienze in cui furono esaminati e controesaminati i consulenti Magnani, Mirabelli e Romano (e altri):

Mesotelioma, come si «insedia» il tumore dopo l’esposizione all’amianto

SILVANA MOSSANOSTORIE DI DONNE E UOMINI1 DICEMBRE 2021

«Senza l’Eternit non ci sarebbero stati a Casale tutti quei mesoteliomi»

SILVANA MOSSANOSTORIE DI DONNE E UOMINI15 DICEMBRE 2021

Eternit Bis: I medici casalesi hanno esagerato con le diagnosi di mesotelioma?

SILVANA MOSSANOSTORIE DI DONNE E UOMINI23 SETTEMBRE 2022

Eternit Bis, i consulenti della difesa: «Col polverino e i battuti di amianto Schmidheiny non c’entra»

SILVANA MOSSANOSTORIE DI DONNE E UOMINI26 OTTOBRE 2022

Il patologo della difesa: «Quei 392 mesoteliomi? Alcuni certi, alcuni possibili. Magari erano altri tumori»

SILVANA MOSSANOSTORIE DI DONNE E UOMINI1 GIUGNO 2022

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