
Roma, 17 luglio 2025 – Il segretario generale della Cisl Basilicata Vincenzo Cavallo è intervenuto questa mattina al XX congresso confederale in corso al Palazzo dei congressi a Roma (EUR). Un intervento in cui Cavallo ha rivendicato con determinazione il ruolo centrale della Cisl nell’accompagnare le trasformazioni che interessano il mondo del lavoro: «Siamo l’unico sindacato che veramente serve in un’epoca di travolgenti cambiamenti», ha affermato Cavallo, ribadendo l’identità contrattualista dell’organizzazione. Al centro del discorso, l’urgenza di un nuovo Umanesimo del lavoro capace di coniugare innovazione tecnologica e dignità umana: «L’intelligenza artificiale non deve sostituire l’intelligenza umana, ma amplificarla», ha avvertito il segretario della Cisl lucana che ha pure sottolineato la necessità di investire nella formazione continua per tutti e di governare la tecnologia, evitando che essa diventi causa di nuove disuguaglianze. «Non possiamo accettare un nuovo darwinismo sociale in cui pochi vincono e molti soccombono», è il monito lanciato da Cavallo dal palco dei Palazzo dei congressi. Invece, serve costruire «una società che non accetti la solitudine e la competizione sfrenata come un destino inevitabile».
Ampio spazio è stato riservato al Mezzogiorno, definito dal segretario generale della Cisl Basilicata «una risorsa strategica per l’Italia e per l’Europa», con il rilancio della proposta di «un grande piano per il Sud» che punti su infrastrutture, legalità, sapere e partecipazione nella consapevolezza che «non esiste sviluppo dell’Italia senza il riscatto del Sud». Secondo Cavallo «vanno messe in campo tutte le azioni affinché le opportunità collegate al PNRR si traducano in sviluppo sostenibile e benessere diffuso». Ha poi aggiunto che «la coesione territoriale è l’unica strada per rafforzare il Paese e renderlo più competitivo, più giusto, più moderno. Il Sud deve essere il laboratorio di una nuova economia che guarda con coraggio alle sfide che presenta questo tempo turbolento, purché le affronti con la forza della sua storia, della sua cultura, delle sue comunità, del suo capitale umano. Perché è proprio nei territori più fragili, in quella aree interne non intendono arrendersi al destino, che si misura la solidità di una nazione».
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