A Matera don Angelo Raffaele Tataranni e la comunità della Locanda del Samaritano aiutano i più fragili con un tetto, alimenti e vestiario.

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“Al fianco dei più fragili e dei vulnerabili” campeggia nella descrizione della pagina facebook della parrocchia di S. Rocco a Matera, una comunità di 4mila persone collocata in una zona storica e centrale della città lucana. Un messaggio per sottolineare il ruolo di riferimento per le situazioni di povertà economica e disagio sociale del circondario e, allo stesso tempo, una dichiarazione d’intenti e d’amore che don Angelo Tataranni, guida della comunità e direttore della Caritas diocesana di Matera-Irsina dallo scorso settembre, condivide quotidianamente con i suoi volontari, animati dalla cura verso il prossimo come segno tangibile della presenza della chiesa nei contesti più marginali ed esposti alle vulnerabilità. Un impegno che emana dalla “Locanda del buon samaritano”, un cuore solidale che produce un’azione articolata: dal dormitorio all’emporio solidale fino alla distribuzione del vestiario. 

“Mettere tra parentesi la carità e l’attenzione agli ultimi non è mettere tra parentesi uno degli aspetti della nostra fede, ma è mettere tra parentesi il nostro stesso essere cristiani – spiega don Angelo su unitineldono.it -. Quando sono arrivato, nel 2002 in parrocchia c’erano già alcune iniziative di attenzione verso le persone più fragili. Noi abbiamo cominciato ad accogliere dei fratelli in difficoltà, italiani e migranti”. 

I posti letto sono cresciuti esponenzialmente fino a diventare due strutture di accoglienza dedicate a don Tonino Bello e alla Madonna della Bruna, due case che diversificano la tipologia di ospiti, rispondendo a specifiche domande emerse dal territorio. L’immobile intitolato al vescovo pugliese che si trova proprio adiacente alla chiesa, è stato inaugurato nel 2018 ed è destinato a contrastare l’emergenza abitativa che riguarda migranti (richiedenti asilo e profughi) – l’accoglienza avviene in seguito alla segnalazione delle autorità locali di pubblica sicurezza su indicazione della Prefettura – ma anche tanti italiani travolti da una situazione economica insostenibile per la perdita del lavoro o a causa di una separazione. La seconda struttura accoglie, invece, detenuti in permesso premio per consentirgli di stare con le loro famiglie. 

E in questo circuito della carità, dopo la casa, non possono mancare i beni primari: “Già in passato – racconta don Angelo, classe ’60, ordinato nel 1990 e a S. Rocco da oltre due decenniassistevamo 500 famiglie, con la distribuzione dei pacchi. Ci siamo accorti però che quel sistema non dava dignità alle persone”. Nasce così l’emporio solidale “Il granellino di senape”, nel 2022, all’interno del salone della parrocchia: un supermercato dove è possibile fare la spesa sulla base di speciali punti assegnati a ciascuna famiglia. Un risultato di grande valore che denuncia una grave crisi economica cittadina: 370 persone solo nelle prime tre settimane di giugno si sono presentate all’emporio. E sempre sul fronte dell’emergenza alimentare, con quindici volontari in campo, dallo scorso giugno ha riaperto la mensa sociale che è intitolata, in un bellissimo filo rosso di carità legato al suo nome, a don Tonino Bello – 220 pasti a pranzo e a cena, 60 posti a sedere con possibilità di più turni -, un’iniziativa, tornata dopo il Covid, che si affianca al servizio d’asporto che resta comunque un’opzione a disposizione degli ospiti. Alla fine del pasto, al quale di solito partecipa anche don Angelo, i volontari abbattono il confine tra chi aiuta e chi è aiutato e si siedono ai tavoli per ascoltare gli ospiti e intercettare quelle problematiche sotterranee che a un ascolto superficiale possono non emergere. 

Il percorso dell’aiuto prosegue con un guardaroba, si chiama “Vestiamo, atelier solidale”, gestito dal don con una quarantina di volontari. Il vestiario usato arriva da privati e da negozianti, poi i volontari compiono una precisa azione di selezione dei capi ancora dignitosi e quindi adatti a essere indossati. 

In questa situazione davvero complessa – “rispetto al passato – ricorda don Tataranni la povertà e le fragilità sono diventate più evidenti” -, c’è la grande mobilitazione della comunità: nei servizi di aiuto si impegnano pensionati, professionisti e anche studenti, in un ideale percorso di educazione alla solidarietà che può far ben sperare.

Questa è solo una delle tantissime storie di salvezza e aiuto portate avanti sul territorio da sacerdoti, impegnati in prima linea, e dalle loro comunità.

Ogni offerta destinata al sostentamento dei sacerdoti è il segno tangibile della vicinanza dei fedeli, un mezzo per ringraziare tutti i sacerdoti, dal più lontano al nostro – sottolinea il responsabile del Servizio Promozione per il sostegno economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni – Basta una piccola offerta ma donata in tanti”.

Nonostante siano state istituite nel 1984, a seguito della revisione concordataria, le offerte deducibili sono ancora poco comprese e utilizzate dai fedeli che ritengono sufficiente l’obolo domenicale che però solo in minima parte può essere usata dal parroco per il proprio fabbisogno. Da qui l’importanza di un sistema che permette a ogni persona di contribuire, secondo un principio di corresponsabilità, al sostentamento di tutti i sacerdoti diocesani.

Diverse da tutte le altre forme di contributo a favore della Chiesa cattolica, le offerte per i sacerdoti sono espressamente destinate al sostentamento dei preti al servizio delle 226 diocesi italiane; tra questi figurano anche 300 sacerdoti diocesani impegnati in missioni nei Paesi più poveri del mondo e 2.500 sacerdoti ormai anziani o malati, dopo una vita spesa al servizio degli altri e del Vangelo. L’importo complessivo delle offerte nel 2022 si è attestato appena sopra gli 8,4 milioni di euro in linea con il 2021. È una cifra ancora lontana dal fabbisogno complessivo annuo, che ammonta a 514,7 milioni di euro lordi, necessario a garantire a tutti i sacerdoti una remunerazione pari a circa mille euro mensili per 12 mesi.

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