di Antonio Barbalinardo
Il prossimo 2 settembre 2024, ricorre il decimo anniversario della scomparsa dell’onorevole avvocato Nicola Cataldo, desidero ricordarlo con questo mio articolo, anche se sono l’ultima persona che può parlare di lui poiché non vivendo a Pisticci già dal 1977 non avevo avuto nessun rapporto di amicizia particolare pur conoscendo il suo alto profilo politico locale e nazionale. Ho avuto il piacere di conoscere personalmente l’onorevole Nicola Cataldo intorno alla metà degli anni 2000 incontrandolo molto spesso presso l’Edicola di Rocco Silletti, in quelli occasionali incontri ci siamo conosciuti e abbiamo molto spesso dialogato e passeggiato insieme nel corso di Pisticci dialogando dalla politica locale a quella nazionale, dalla crisi occupazionale nazionale a quella in particolare della Val Basento. In quel periodo stavo lavorando su una mia ricerca sulla storia dell’Anic di Pisticci e dell’Eni di San Donato Milanese, ricerca pubblicata dopo da Eni dal titolo “Da Anic di Pisticci … a EniServizi di San Donato Milanese”. Grazie al dialogo e l’amicizia con l’onorevole Nicola Cataldo allora gli proposi un’intervista – testimonianza da riportare nella mia ricerca, lui accetto volentieri, così le preparai delle domande e mi fece pervenire le risposte che inserii nel mio libro pubblicato nel 2009.
Desidero ricordarlo con quell’intervista dove i temi trattati pur se oggi sono trascorsi venticinque anni, i temi di allora sono ancora oggi attuali. E’ opportuno comunque riferire in breve la sua storia. L’avvocato e onorevole Nicola Cataldo, è nato il 22 ottobre 1928, è stato emerito sindaco di Pisticci, nel 1962 fu eletto al Parlamento, ha svolto tre mandati parlamentari. Durante tali mandati ha ricoperto importanti ruoli in diverse Commissioni, è stato inoltre membro della Commissione Giustizia e della Commissione Inquirente del “Caso Looked”. Nel 2006, ha festeggiato cinquant’anni di professione forense, dove gli fu conferita la “Toga d’Oro” nella cerimonia, svoltasi a Matera presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.
A Pisticci il 22 ottobre 2017 presso la Sala Consiliare fu posta una targa a lui dedicata che riporta: “Parlamentare della Repubblica, insigne giurista, strenuo difensore della legalità e dei diritti umani. Dedicò la sua vita alla politica e all’avvocatura contribuendo alla salvaguardia dei diritti dei lavoratori e dei più deboli”.
Fatta questa premessa, riporto integralmente la mia intervista – testimonianza: << D. Onorevole Cataldo, nel Suo secondo mandato da Sindaco di Pisticci, dal 1960 al 1963, il nostro paese ha visto l’avvento dello stabilimento dell’Anic che ha cambiato il volto stesso del nostro paese. Lei da Amministratore, che ha vissuto l’esperienza degli anni cinquanta per la conquista della terra da parte dei braccianti e l’esperienza degli anni 60, come ha vissuto quei due momenti importanti e storici per lo sviluppo stesso di Pisticci e della Sua comunità?
R. Caro Barbalinardo, non ho difficoltà a rispondere alle tue domande specificando che il movimento per le occupazioni delle terre degli anni 50, e quello dello sfruttamento in loco del metano scoperto in Val Basento, hanno avuto delle specificità in ordine alla partecipazione, alla posizione dei pubblici poteri nei confronti degli attori e partecipanti ai movimenti, ed in ordine ai risultati. Il movimento per le terre si era caratterizzato, in particolare, a Pisticci e nel Metapontino per l’affondo contro i terreni dei privati, e non solo del demanio comunale com’era avvenuto fino ad allora soprattutto da parte di altri movimenti come quelli di Bruni o dei socialisti. Pisticci partì con l’occupazione dei Terreni con l’azienda agricola di San Basilio, e del Metapontino con l’occupazione del bosco di Policoro del barone Berlingieri, simbolo autentico del latifondo.
Le autorità istituzionali in genere, le forze di polizia, si ponevano in contrasto e cercavano di ostacolare il movimento occupazionale, con direttive precise che venivano dalla prefettura di Matera, di controllare i dirigenti politici (esempio la senatrice Adele Bei, o Giorgio Amendola, comunisti) che anche con la loro presenza in loco, sostenevano la battaglia che non era solo dei braccianti o contadini poveri, ma anche di artigiani che speravano di cambiare mestiere pur di avere un pezzo di terra. Il movimento si concluse positivamente e, dobbiamo riconoscerlo, anche per merito della Democrazia Cristiana che se da una parte ostacolava il movimento di occupazione, sul piano governativo e parlamentare, anche con due ministri meridionali, Segni e Colombo, elaborarono la riforma stralcio, e quindi legalizzarono l’occupazione. L’incontro di due attività diverse, di protesta e di occupazione da una parte (comunisti, socialisti e senza partito) e quella parlamentare dall’altra, con l’iniziativa della DC e la partecipazione critica di comunisti e socialisti, e con la contrapposizione di pochi, portò alla creazione di migliaia di poderi della riforma agraria, e quindi il superamento dell’assetto proprietario: non più aziende latifondistiche, con malaria e molti terreni incolti e mal coltivati, ma migliaia di piccoli proprietari. Quindi unica e sola rivoluzione democratica realizzata in Italia. Purtroppo i governi che sono seguiti non hanno continuato sulla stessa strada, e quello che doveva essere uno stralcio, seguito da ulteriori espropriazioni, è rimasto definitivo. Il movimento per lo sfruttamento del metano veniva guardato di buon occhio dai pubblici poteri non creava difficoltà agli organizzatori promotori e partecipi e trovò sbocco ulteriore in quella che era allora la politica dell’ENI, ed anche del governo che vedeva uno dei volani dello sviluppo del mezzogiorno, nella chimica e nel polo chimico, che si pensò di creare nella Valle del Basento. Queste battaglie sono state molto più facili.
Mentre il momento dell’inaugurazione o meglio della posa della prima pietra dello stabilimento ANIC, il Presidente Fanfani parlava di 3000 occupati diretti, di oltre 3000 nell’indotto, e di altri 3000 nell’attività consequenziale ed indiretta, in effetti la politica del governo trovò già le prime difficoltà a distanza di due anni. Già allora, 1963, il Comune di Pisticci organizzò un convegno per sollecitare l’industrializzazione della Valle del Basento, e denunciò che l’altro polo chimico previsto, quello della Montecatini non solo non si stava realizzando, ma si allontanava dalle prospettive. Purtroppo non fu mai realizzato. E negli anni 75 / 80 si fecero più stretti i legami tra le amministrazioni comunali di Pisticci e Ferrandina, e la questione fu posta come questione nazionale di polo chimico e di industria chimica da rafforzare come volano per tutta l’economia nazionale e non solo della Valle del Basento.
D. Onorevole Cataldo, durante il Suo penultimo mandato da Sindaco, dal 1975 al 1980, Lei era anche Parlamentare, in quegli anni l’industrializzazione della Val Basento non dava più quella garanzia occupazionale degli anni precedenti, come ha vissuto quella fase di recessione, si poteva fare qualcosa diversa per mantenere il livello occupazionale degli anni 60?
R. Nel 1976, sindaco per la terza volta, eletto per il quinquennio 75 / 80 si presentò un’alternativa alla Montecatini, e cioè vi fu la richiesta di insediamento da parte dell’imprenditore Ursini per un fabbrica chimica. Vi fu la decisa opposizione da parte del Comune di Pisticci, e mia personale, che non detti la concessione edilizia ad Ursini, che voleva insediare l’impianto non in Val Basento, ma nel Metapontino e propriamente a Casinello.
La mia ferma opposizione, contro pressioni di ogni tipo della Regione Basilicata, retta da Verrastro, e dei gruppi anche parlamentari della DC (Tantalo alla Camera e Salerno al Senato), era determinata dal fatto che quel tipo di fabbrica nel Metapontino avrebbe pregiudicato non solo lo sviluppo agricolo, ma soprattutto quello turistico.
Oggi non vi sarebbero state le strutture del Club Mediterranèe, degli Argonauti etc. se si fosse accettata la richiesta di insediamenti chimici. Il prezzo di tale scelta, che solo successivamente si è dimostrata saggia e giusta, è stata pagata dai comunisti che nel 1980 persero il Comune soprattutto sulla base del falso presupposto che avevamo perduto 4000 posti di lavoro, per salvaguardare uno sviluppo turistico ipotetico.
Quindi la nostra posizione a partire dal 1963 è stata una posizione non campanilistica ma di lungo respiro, di valutazione dei problemi a livello nazionale, e di valutazione delle scelte di politica economica a livello globale. Cioè si è valutato non solo lo sviluppo industriale, ma anche quello agricolo (ora le colture pregiate del Metapontino delle fragole e di altri prodotti ne danno la riprova), e soprattutto turistico (oggi dimostrato non solo dagli stabilimenti balneari, dagli alberghi, dalle diverse strutture turistiche anche a Scanzano – vedi Marinagri – che altrimenti non avrebbero trovato posto).
L’industria di Ursini non solo avrebbe danneggiato irreversibilmente il territorio, ma avrebbe forse creato un’altra cattedrale nel deserto, finita nel nulla a distanza di qualche anno, come la Liquichimica di Ferrandina che infatti non c’è più. Esperienze diverse e con risultati diversi?
Certo esperienze diverse come forme di partecipazione, come attori, e diverse come risultati.
Negli anni 70 i problemi venivano guardati sul piano nazionale, e non solo perché ero parlamentare, ma perché solo in quella dimensione potevano risolversi. E bisognava fare una valutazione complessiva dello sviluppo: e posso dire che abbiamo fatto bene perché non abbiamo permesso altro eventuale polo industriale (chimico) avendo privilegiato uno sviluppo agricolo e turistico che ci ha dato ragione. Certo non è che in agricoltura o nel turismo ora tutto va bene, ma questo è un altro tema”>>.
Chiedo scusa ai lettori se questo mio articolo è stato lungo, desideravo ricordare l’onorevole Nicola Cataldo non con le mie parole ma con le sue parole e riflessioni di un periodo di crisi occupazionale di ieri che purtroppo nel territorio pisticcese, lucano e meridionale continua ancora oggi.
Pisticci, 31 agosto 2024
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