di MICHELE SELVAGGI
Un’altra perla della nutrita composizione letteraria del Prof. Dino D’Angella. LA SOCIETA’ BERNALDESE NELLA META’ DEL SETTECENTO – IL CATASTO ONCIARIO DEL 1754 – ultimo lavoro – solo in ordine di tempo, naturalmente, dello storico pisticcese, impegnato attraverso ricerche e studio di documenti in buona parte provenienti dal mondo ecclesiale bernaldese, dai registri della Parrocchia di S. Berardino e dalle “RELAZIONI” delle visite pastorali degli Arcivescovi di Acerenza e Matera. Documenti preziosi, naturalmente di” parte”( religiosa, cattolica) e non “feudale” e “ civili”, cioè provenienti dallo Stato e Università. Studio preciso, lineare e soprattutto interessante il suo, in riferimento ad alcuni aspetti ( come i contenziosi), riferito a don Filippo Ambrosano ( Istoria Civica di Bernalda 1798), già pubblicata e commentata da Angelo Tataranno nel 1997, cui si aggiungono altri studi che si basano soprattutto su documenti provenienti dal mondo della Chiesa. “Questi e altri importanti documenti – spiega D’Angella -sono stati in buona parte tenuti in considerazione e che aiuta a costruire il racconto sulla comunità bernaldese del XVIII° secolo. Certamente – aggiunge – non mancano della lacune. Agli altri, il compito di fare meglio”. Prima di entrare nel merito dell’opera trattata da D’Angella, è il caso di spiegare il significato di Catasto Onciario, parola quest’ultima che suona un po’ strana a chi legge, il cui significato è presto detto: Catasto Onciario era un censimento fiscale del Regno di Napoli del XVIII° secolo, voluto da Carlo III° di Borbone, che compilava un elenco di beni e persone per una più equa ripartizione delle tasse. I beni e le ricchezze erano stimate in “oncie”, antica unità di misura monetaria , da cui il nome del Catasto. Strumento che serviva a determinare i carichi fiscali basati sulle rendite dichiarate dai capofamiglia e sulla composizione di ogni nucleo familiare. Il Capitolo Primo dell’opera, che tratta il Manoscritto del Catasto Onciario di Bernalda, parte dal Regio Decreto del 4 ottobre 1740 che introdusse nel Regno di Napoli il Catasto Onciario (catasto carolino, così chiamato in riferimento a Re Carlo). Secondo l’autore, solo nel XX Secolo si è data importanza al Catasto Onciario e, solo dopo alcuni anni di applicazione , il Genovese lo criticava, perché applicato male e in modo differente da luogo a luogo. “Cosa scandalosa – secondo l’illustre studioso – era che le libere professioni ( notai, medici, avvocati ), erano esentati dalla tassa d’industria ( tassa sul lavoro ridotto) , mentre gli artigiani, ( fabbricatori, scarpari, falegnami ) venivano tassati. Una vera e propria stortura, dal momento che il nuovo catasto non faceva pagare la tassa d’industria al giudice o al medico che guadagnavano più dello scarparo”. L’opera di D’Angella, prosegue attraverso altri nove capitoli delle circa 200 pagine di un’opera in bella veste tipografica, della Tipografia Desantis di Barnalda, dove vengono trattati, volta per volta, le condizioni dei nuclei familiari, gli aspetti sociali dell’epoca ( ricchezza e povertà delle famiglie), il mondo del clero nei suoi vari aspetti, soffermandosi poi sulla organizzazione delle chiese, consistenza numerica del clero, organizzazione delle chiese e diocesi, dei numerosi monasteri e conventi che operavano nelle province del Regno di Napoli. Capitolo a parte per l’architettura, l’urbanistica e le contrade urbane e rurali. “ Forse – asserisce D’Angella – l’impianto urbanistico di Bernalda, fu tracciato da qualche artista – architetto , ispirandosi alla urbanistica classica , in contrapposizione alla urbanistica medioevale. Il VII° capitolo dà spazio a “Palazzi, Case e Chiese”, soffermandosi sulla esistenza del Castello di Bernalda. “Nel 700 – spiega D’Angella – l’unica fabbrica grande, cioè di notevoli dimensioni, era quella del Castello con una quindicina di ambienti, cantine, stalle, un centimolo al piano terra e nel seminterrato. Al primo piano, solitamente residenza per la famiglia feudale oltre al salone, vi erano camere da letto e, nel catasto onciario il castello era detto anche palazzo baronale”. L’ottavo capitolo è riservato alle “Proprietà di Magnifici e della Università di Bernalda. ” Nonostante le numerose indicazioni che scaturiscono anche dal catasto onciario – sostiene l’autore – non si è in grado di stabilire con precisione la proprietà , i possedimenti e beni dei “magnifici” che avevano notevole influenza sulla vita sociale ed economica, anche perché non tutto veniva dichiarato in riferimento agli animali e al capitale. In questi “magnifici” – aggiunge D’Angella – c’erano taluni sacerdoti , ai quali si dava il “don”. Il 20-25% dei preti che non facevano ancora parte del clero porzionario, menavano vita di stenti,. Il 40% , tra profitti della Ricettizia e beni patrimoniali ed extrapatrimoniali, se la passavano bene. Il 20% dei sacerdoti era, nel contesto generale, ritenuto ricco. Gli aspetti antropologici e culturali, gli usi e costumi del mondo contadino e della borghesia, la religiosità delle istituzioni sociali e filantropiche, trovano spazio nell’ultimo capitolo, il nono, che tra, l’altro, tocca l’abbigliamento dell’epoca e la cucina , con gli alimenti più usati – pane nero, olio, peperoni, fichi, pomodori, fave, pollo, selvaggina, latte formaggio e derivati del maiale, oltre, naturalmente al vino, che qualcuno lo chiamava, “latte dei vecchi” . Un riferimento a parte, l’arredo della casa , i personaggi pubblici e la religiosità dell’epoca. Un lavoro più che straordinario, quello dello storico pisticcese Dino D’Angella che, per l’occasione, ha dedicato parte del suo tempo attraverso una meticolosa e non sempre facile ricerca e studio di documenti preziosi, per costruire un racconto, finora forse poco conosciuto, sulla comunità bernaldese del XVIII° secolo. Un’opera pregevole quella del Prof. D’Angella, un MAESTRO per queste storiche ricerche. In passato ce lo hanno insegnato – tra l’altro, opere pubblicate come SAGGIO STORICO SU PISTICCI – STORIA DELLA BASILICATA – NOTE STORICHE SU CRACO – STORIA DI GROTTOLE – TERRA TERRA – NOTE STORICHE SU S.MAURO FORTE – SAGGIO STORICO BIBLIOGRAFICO DI LUCANIA E BASILICATA – VIVALDIANA – ENOTRIA -ENOTRIA – e, non ultima, LA TACCARIATA, opere tutte di grande spessore e valore storico culturale.
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