Per la Presidente dei Giovani Imprenditori di Confapi Matera, Lucia Scalera,etica e necessità competitiva vanno d’accordo
Far crescere la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro. È il mantra che sentiamo ripetere quotidianamente. C’è chi lo dice per convinzione, chi per dovere istituzionale, chi per convenienza.
I Giovani Imprenditori di Confapi Matera, insieme a Confapi Donne, si battono da anni non solo per aumentare il tasso di occupazione femminile In Basilicata, ma proprio per elevare quella cultura imprenditoriale che mira a un maggiore coinvolgimento delle donne nelle aziende, a tutti i livelli, apicali e no. Il G7 sulle Pari Opportunità a Matera ci offre l’occasione per guardare alle PMI del territorio e comprendere come esse cercano di infondere una cultura aziendale basata su valori di inclusività e di parità.
Nella nostra regione la situazione è ancora critica riguardo al ruolo delle donne e alle difficoltà che esse incontrano per inserirsi negli ambienti di lavoro, soprattutto in quelli che richiedono – e oggi sono la maggior parte – una preparazione nelle materie STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica). Per non parlare della difficoltà, comune anche agli uomini, di reperire nuove figure professionali da inserire nelle aziende.
Come imprenditori diciamo che l’equità di genere rappresenta un fattore strategico per il successo delle aziende moderne, ma come cittadini la riteniamo soprattutto una questione di giustizia sociale. L’adozione di politiche di parità di genere si traduce in crescita sostenibile e innovazione, migliorando le dinamiche interne delle aziende, accrescendone la competitività sul mercato, attirando talenti e migliorando le loro performance economiche. Dunque, etica e necessità competitiva vanno d’accordo.
Le nuove generazioni di lavoratori, in particolare i Millennial e la Generazione Z, danno molta importanza ai valori di inclusività e diversità. Le aziende che si impegnano in politiche di parità di genere hanno un vantaggio nella lotta per i talenti. In un mercato competitivo come quello attuale, attrarre e trattenere i migliori professionisti può fare la differenza tra il successo e il fallimento di un’azienda.
Esistono oggi, nel 21° secolo, molti Paesi in cui purtroppo la condizione della donna è relegata ancora a uno stadio primitivo, come accade per esempio con l’infausta prassi delle spose bambine. Il fatto che a capo degli Stati Uniti potrebbe esserci una donna e che donne sono a capo dei governi dell’Unione Europea e dell’Italia, oltre che di altri Paesi, non toglie che anche in questi contesti ci siano delle forme di discriminazione che non garantiscono alle donne uguali diritti rispetto agli uomini. Oggi si parla di declino dell’Occidente e di crisi della democrazia, ma alle nostre latitudini le donne – tranne poche eccezioni – sono state sempre relegate ai margini, non per demeriti ma per scelta di chi ha detenuto le leve del potere.
Per quando riguarda sia le imprese private che la pubblica amministrazione, dove le donne sono ancora poche e dove esiste purtroppo un divario di genere retributivo e contributivo, il cosiddetto “gender pay gap”, vediamo che laddove le donne ricoprono posizioni apicali le cose vanno decisamente meglio, cioè le performance aziendali e di servizio pubblico sono senz’altro migliori. Tuttavia, istituzioni e imprese dovrebbero comunque garantire alle donne una maggiore qualità del lavoro, aumentare le opportunità di crescita in azienda, tutelare la maternità, migliorare la possibilità per le donne di accedere al mercato del lavoro, armonizzare i tempi di vita e di lavoro.
Le imprese possono svolgere un ruolo cruciale nel superare gli stereotipi di genere, lavorando sulla propria cultura aziendale. Occorre, dunque, agire soprattutto sulla scarsa rappresentanza femminile nella leadership, sulle difficoltà nel bilanciamento lavoro-famiglia, sulla meritocrazia senza distinzioni di genere, sulla parità di retribuzione.
Matera, 4 ottobre 2024
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