Attacchi alla città di Melfi, cosa si nasconde dietro alla persecuzione nei confronti di Polimedica.

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Liste d’attesa (ritardi di cura), malaburocrazia e attacchi alla città di Melfi: cosa si nasconde dietro alla persecuzione nei confronti del poliambulatorio.

Per il numero e per la tipologia di prestazioni erogate, non lo diciamo noi, ma i numeri stessi e le attestazioni provenienti da più parti, in maniera trasversale, in ambito sanitario, politico e, a livello lato, in ambito istituzionale e associativo, ha fatto sì che la Polimedica di Melfi nel corso degli anni abbia rappresentato una vera e propria ancora di salvezza per centinaia di migliaia di cittadini, lucani e non, in particolar modo durante la fase pandemica che, come sappiamo, ha creato ulteriori ritardi in fase di diagnosi e cura per i cittadini in attesa delle prestazioni, poiché gli ospedali e il personale sanitario del servizio pubblico erano impegnati in prima linea a fronteggiare la fase acuta dell’emergenza covid. In particolare in Basilicata, dati AGENAS, abbiamo assistito ad una riduzione delle prestazioni specialistiche erogate di oltre il 70%, rispetto al periodo pre-pandemia che, ricordiamo, certamente non era un’età dell’oro per quanto riguarda le liste di attesa.

Attualmente il SSR ha recuperato in parte questo deficit, attestandosi quest’anno ad una riduzione del 30% di prestazioni specialistiche, sempre rispetto al periodo pre-covid. Si tratta di un dato che sicuramente è in miglioramento, ma che ancora è molto elevato e preoccupante. Questo miglioramento è dovuto ad uno sforzo congiunto del SSR in toto, ovvero grazie alle prestazioni erogate sia direttamente dalle strutture pubbliche che dalle strutture sanitarie accreditate, di cui Polimedica fa orgogliosamente parte.

Strutture come la nostra, nonostante le scarse risorse a disposizione, se paragonate alle reali necessità del territorio o alle risorse destinate alla sanità accreditata da altre Regioni, sono riuscite veramente a fare tantissimo, fornendo un contributo decisivo per non far precipitare la situazione già grave del nostro SSR.

Per tutto ciò abbiamo avuto attestazioni di stima e di riconoscimento, come detto prima, da più parti. Abbiamo fatto il nostro dovere e, per una questione di coscienza e responsabilità, anche di più. E siamo certamente orgogliosi che questo lavoro sia stato apprezzato da rappresentanti istituzionali e, soprattutto, dai cittadini, ma (purtroppo esiste un ma) ci sentiamo anche umiliati e presi in giro.

Si, perchè se da un lato riceviamo complimenti e ringraziamenti, dall’altro lato si fa di tutto per cercare di distruggerci o non si fa quasi niente in una situazione in cui le liste d’attesa continuano ad essere inaccettabili, quindi in sfregio anche alle reali necessità dei cittadini bisognosi di prestazioni spesso salvavita. Basta fare mente locale, in particolar modo negli ultimi anni: più veniamo apprezzati, più persone scelgono di rivolgersi ai nostri servizi e più veniamo attaccati e messi in difficoltà in tutti modi, attraverso le armi della malaburocrazia. Siamo costretti così a vivere in un perenne stato di agitazione, a lottare per la nostra sopravvivenza, per i nostri diritti di lavoratori e per i diritti dei pazienti che hanno bisogno dei nostri servizi. In questo modo diventa tutto complicato, tutto più difficile, dal pianificare la nostra attività a cercare di mantenere sempre il sorriso con i pazienti, perché manca la necessaria serenità per poter continuare nel nostro percorso di crescita e miglioramento. Ad ogni modo, ad onor del vero, tutti questi attacchi siamo riusciti (fino ad ora) a rispedirli tutti al mittente (lo dicono le sentenze dei tribunali e il fatto che siamo ancora aperti), ma si può continuare a lavorare/vivere in questo modo? La forza fino ad oggi ci è stata data dal senso di giustizia e dignità personale, dal grande supporto e dalla solidarietà dei cittadini e dalla sensibilità e dal lavoro anche della politica che, quando si mette veramente al servizio delle esigenze dei cittadini e dei territori, riesce a fare la sua parte, perché, per fortuna, non tutta la politica è corrotta ed incapace, così come non lo è la grande maggioranza dei funzionari pubblici; se così non fosse, e non possiamo credere diversamente, veramente saremmo già precipitati nelle più indicibili bestialità.

Tutto quanto detto fino ad ora è stato un preambolo necessario per poter porre l’attenzione a quanto sta succedendo adesso (a noi, ma di riflesso a tutti i cittadini del territorio in cui operiamo). Ci sono delle domande che ci stiamo ponendo, per cercare di capire il perché di tutto questo accanimento, poiché è sempre più difficile credere che tutto ciò sia il frutto di mera incapacità burocratica, piuttosto che di un deliberato e sistematico attacco. Ma chi o cosa si vuole attaccare? Sicuramente, su questo non ci sono dubbi, il diritto alla salute dei cittadini e la libertà di fare impresa. Ma per quale motivo? Ed è questo il fine ultimo, o c’è dell’altro? Quale sarebbe il senso allora di questa condotta così deleteria? Perché questo accanimento nei confronti di un’azienda e della popolazione di un intero territorio? La risposta a queste domande è sicuramente più complessa e fa nascere ulteriori interrogativi: si colpisce Polimedica per colpire il territorio in cui è insediata e poter drenare ulteriori risorse verso altre zone della Basilicata? Oppure, per rapinare una città e il territorio circostante, si sta tentando di distruggere tutto ciò che funziona e che è essenziale? Vedasi tribunale, vedasi ospedale di Melfi, di Venosa, di Rionero, etc., aziende. E tutto questo perché? Per favorire quali altre aziende, quali altri territori?

Al momento non ci è dato di sapere con certezza quali siano i perché e quali siano i mandanti, ma possiamo essere ben certi di quali siano gli effetti prodotti. Fatto sta che tutto questo sta avvenendo, in modo banditesco, passando sulla pelle delle persone, a costo delle loro stesse vite.

Si tratta di una battaglia che non può vedere schieramenti politici contrapposti, ma l’unione di tutte le forze affinché i cittadini di questo territorio non continuino a pagarne le conseguenze. È una battaglia per la giustizia, per la salute e per il lavoro, che dovrebbe vedere l’unione e l’impegno di ognuno, soprattutto di coloro che sono chiamati a funzioni di pubblica rappresentanza e responsabilità.

Il “caso Polimedica” è emblematico di un modus operandi di certa malaburocrazia, una malaburocrazia senza scrupoli. Si vuole distruggere una realtà che più di tutte, per il tipo e la quantità di prestazioni erogate, in questo momento è di vitale importanza. Coloro che più hanno aiutato sono i più colpiti. Stiamo parlando tra l’altro di servizi che riguardano i pazienti più fragili, le malattie più delicate: cardiopatici, malati oncologici, diabetici, malati pneumologici, anziani: per quanto riguarda la diagnosi, ma anche il monitoraggio delle patologie. Tutto ciò in un contesto che rende ancor più grave quanto sta accadendo, ci riferiamo difatti al concomitante svilimento delle altre strutture sanitarie pubbliche e ad alcuni altri centri accreditati che offrono servizi basilari nell’area dell’Alto Bradano e del Vulture Melfese. Ci sono prestazioni che in tutta Basilicata eroghiamo solo noi, altre che solo noi riusciamo ad erogare in tempi congrui. Cosa succederebbe se da domani fossero tutte a pagamento? E non solo per un periodo di tempo limitato, ma per la gran parte dell’anno. Coloro che ci conoscono bene sanno che non siamo un’azienda che si piange addosso, ci siamo sempre rimboccati le maniche per far fronte ad ogni situazione, ma dovrebbe essere chiaro che il quadro appena delineato è, a rigor di logica, allarmante non poco per i cittadini della città di Melfi e non solo.

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