Risorsa idrica: occorre Riforma del Consorzio di Bonifica

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L’emergenza idrica che ogni anno si ripete nel Vulture conferma quanto ho sostenuto con forza nell’ultimo convegno organizzato da Coldiretti; in quella sede unica voce evidentemente stonata e fuori dal coro fu quella dell’assessore Merra, ma concretamente e drammaticamente realistica: un commissario straordinario e riforma dei consorzi di bonifica.

Non possiamo parlare di futuro ignorando la straordinarietà del presente; bene fa l’assessore Cupparo a ribadire che un conto sono i laghetti ed i piccoli invasi di cui si sta già ampiamente occupando nell’ambito del Psr, un conto sono gli invasi, le infrastrutture, le grandi adduzioni e la conseguente sfida di tutto un settore agricolo.

È necessario prendere consapevolezza di uno scenario che ha a che fare con due aspetti sostanziali: da un lato l’emergenza legata alla carenza della risorsa idrica e ad una evidente recrudescenza climatica, dall’altro la straordinarietà delle risorse economiche e delle opere da mettere in campo. Il consorzio di Bonifica oggi ha difficoltà a fronteggiare l’uno e l’altro aspetto, realtà che la Coldiretti continua a non voler ammettere. Pensare di poter aggirare i problemi, senza affrontarli direttamente, è già qualcosa di sbagliato, credere di cambiare l’evidenza dei fatti semplicemente ignorando i fatti è persino diabolico. 

Il consorzio avanza ogni anno con pervicacia una richiesta all’autorità di distretto dell’appennino meridionale di circa 650 litri al secondo per una estensione coltivata di oltre 2000 ettari, richiesta ridicola che, puntualmente, ora come allora viene incrementata a seguito dell’intervento del Governo regionale, restando anche a seguito dell’incremento del tutto insufficiente.

Ma il fatto sostanziale è che si richiede, per non dire si implora una risorsa da derivazioni ed invasi non Lucani: infatti su 5 grandi invasi di competenza consortile, il Rendina continua ad essere vuoto ed altre due dighe sono in regime di invaso provvisorio con capienze dunque irrisorie ed imparagonabili alle esigenze dei comprensori.

La scommessa dei 43 milioni sulla diga del Rendina, come sulle altre opere già finanziate di efficientamento delle reti e degli invasi, rischiamo di perderla poiché il Ministero non ci accorderà la stessa clemenza accordata per 15 anni sugli 80 milioni del distretto G.

Viviamo un periodo storico unico, dove non occorrono più tanto le risorse economiche, ma il coraggio e le idee per mettere in campo quanto abbiamo già a disposizione, per vincere i vizi atavici della storia e poter guardare finalmente al futuro non con il cappello in mano ma con in testa una visione lucida e realistica.

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