Piano Strategico Regionale. Una nota di Leonardo Giordano

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Egregio Direttore,
ieri 11 gennaio, è approdato in Consiglio Regionale il Piano Strategico Regionale 2021 – 2030. In proporzione all’importanza di questo strumento, forse se ne è parlato assai poco e ciò ha influito enormemente sui livelli di condivisione di questo strumento programmatico strategico, il cui scopo sarebbe quello di delineare una “visione” su ciò che la Regione dovrebbe essere da qui al 2030 e delle azioni che occorrerà mettere in campo.
Nei pochi commenti e servizi dei media sul Documento ci si è lamentato, infatti, dei ridotti livelli di condivisione e di partecipazione alla sua elaborazione. Se, dal momento in cui è stato pubblicato sul sito web della Regione (circa un mese fa) si fosse alimentato un dibattito serrato su di esso il “quarto potere” avrebbe esercitato quella sua prerogativa di “controllo” sul potere politico che probabilmente lo avrebbe indotto a mettere in campo un numero maggiore di iniziative di condivisione del documento ma, soprattutto, del suo processo di elaborazione.
Veniamo ora al merito. Cioè a ciò che vi è scritto e riportato. Ritengo che le 172 pagine del documento diano tutto sommato un’idea abbastanza precisa e realistica delle criticità della nostra Regione e di ciò che servirebbe per risolverle ed appianarle.
Tuttavia essendo la politica, come diceva qualcuno, “il dominio dell’imperfetto perfettibile”, intendo soffermare lo sguardo su alcuni aspetti che, in sede di atti esecutivi ed attuativi, occorrerà tener presente.
A pagina 24 si evidenzia la necessità di “rivedere l’assetto infrastrutturale regionale” tenendo presente la posizione “baricentrica” della Basilicata nel Meridione d’Italia, regione-cerniera il cui attraversamento è indispensabile per collegare Adriatico, Jonio e Tirreno; di qui l’ipotesi di agire su un’effettiva “alta velocità” sulla tratta “Taranto – Metaponto – Potenza – Salerno” o di riammodernare la Statale “Basentana” e la Statale “106 Jonica”. Non si cita affatto però la necessità di agire anche sulla statale “Fondo Valle dell’Agri” che è l’arteria sulla quale “corre” il 30 per cento del petrolio lucano. Non si parla anche della necessità di ristrutturare e rendere ancora più percorribile la “Tito – Brienza” e la “Statale 7” unitamente all’ex statale 497 che collega Pisticci Scalo a Tursi mettendo in collegamento le quattro arterie di fondo valle: Bradanica, Basentana, Val d’Agri e Sinnica”.
La realizzazione di questi lavori di ristrutturazione e riammodernamento risulterebbe utile sia per riammodernare il “trasporto locale” (altro obiettivo del Piano Strategico) sia per mettere in collegamento veloce Campania e Puglia con le nostre montagne, se le si vuole avviare ad un serio discorso turistico di fruizione dei nostri parchi.
Si registra realisticamente che ‹‹il vero fattore scarso dell’economia non sono le risorse, ma la capacità organizzativa, capacità essenzialmente imprenditoriale, consistente nell’organizzare le risorse potenzialmente disponibili, a partire da quelle endogene››. Non si pone però in virtuosa relazione con questo dato di analisi il ruolo strategico che possono avere l’università, la formazione professionale, gli ITS (Istituti Tecnici Superiori), l’alta formazione con i Master e la Formazione Professionale. Quest’ultima avrebbe bisogno di una seria riforma per far si che gli obiettivi non le siano posti dagli Enti di Formazione bensì dalle necessità effettive del mondo della produzione, una vera e propria “rivoluzione copernicana” insomma.
Alta Formazione e Formazione professionale potrebbero rivestire un ruolo strategico anche nel settore primario, quell’agricoltura che, come sostiene lo stesso documento, valse al Metapontino 20 anni fa la denominazione di “California del Sud”. È noto che i nostri produttori sono magnifici produttori di ortofrutta ed agroalimentare ma ne sono pessimi commercianti e il vero valore aggiunto viene assorbito dalle grandi cooperative dell’Emilia Romagna. A tal fine sarebbe importante anche realizzare nella nostra regione (baricentrica abbiamo detto) una piattaforma logistica per l’agroalimentare e l’ortofrutta, il che dovrebbe rappresentare una priorità nel prossimo PSR. In tutto il Sud non ce n’è una e i nostri produttori sono costretti a servirsi di quelle esistenti in Romagna. A queste conclusioni arrivò nel 2010 il Distretto Agroalimentare di Qualità del Metapontino che si attrezzò di uno studio dell’Università della Basilicata e di un progetto di massima.
Non sono suggestioni che vanno ad impattare sul meritevole impianto generale del documento ma sicuramente ne integrerebbero le potenzialità e, in sede di definizione degli atti esecutivi, sarebbe possibile recuperarle.
Poi vi è un’altra questione di metodo importante. Se la politica regionale non comprende che non si tratta di un adempimento formale, ma di una rotta che occorre percorrere rapidamente per salvare la Regione; se non si pone mano a quella che è definita governance, cioè la struttura organizzativa ed attuativa del Piano, il documento rischierebbe di restare “un libro dei sogni”. Ne abbiamo letti parecchi di questi libri e il loro effetto è stato quello di farci smettere di sognare.


Leonardo Giordano
Dipartimento Nazionale Istruzione e Formazione
Fratelli d’Italia

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