“A Brain Adventures”: un videogame realizzato dal neuropsicologo potentino Alessandro Sileo, per il trattamento neuro-cognitivo di un paziente con demenza vascolare ospite al “Don Uva” di Potenza

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Si chiama “A Brain Adventures”: il  videogame realizzato ad hoc dal trentanovenne neuropsicologo potentino Alessandro Sileo, per il trattamento cognitivo di un uomo di 85 anni, affetto da Disturbo Neurocognitivo Maggiore vascolare da ipoperfusione, ospite del reparto Rsa Demenza Adulto del Centro di riabilitazione psicomotoria “Universo Salute Basilicata opera don Uva” di Potenza. Questo innovativo intervento neuroriabilitativo è stata illustrato dall’autore, durante la discussione della tesi sperimentale, conclusiva del Master di II livello in “Riabilitazione Neuropsicologica nell’Adulto e nell’Anziano”, promosso dall’Istituto di Neuroscienze Cognitive “Aleksandr Lurija” di Torino. Si tratta di una versione demo di un platform, che è stata proposta per la cura di un paziente con demenza vascolare, soporoso e anosognosico, e che presentava deficit esecutivi e motori, di attenzione, di memoria di lavoro, gnosico-percettivi, prassico visuo-costruttivi e di orientamento spazio-temporale. Il prodotto elettronico è stato inserito all’interno del protocollo di stimolazione cognitiva, sotto la supervisione della tutor psicoterapeuta esperta in Neuropsicologia, dott.ssa Vita Anna Garrammone, nel corso del tirocinio professionale, previsto dal percorso curriculare del Master. «Il videogame – spiega l’autore Alessandro Sileo – è stato progettato con l’intento di offrire una nuova opportunità interattiva, che si distanziasse maggiormente dall’impostazione classica carta e matita, e compatibile all’età longeva del paziente trattato. L’idea – svela Alessandro Sileo – è quella di convogliare la componente ludica con quella della stimolazione neurocognitiva, motivando l’assistito ad imbattersi in un training multidomìnio accomodante, avente l’obiettivo di rinvigorire diverse funzioni cognitive assopite, quali la memoria di lavoro, la coordinazione visuo-motoria, l’orientamento spazio-temporale, l’attenzione e la reattività, le funzioni esecutive di ragionamento, di pianificazione, di flessibilità cognitiva, di problem-solving e di decision-making». 

Oltre a garantire un momento di svago, che permetta di rialzare il tono umorale rinunciatario ed apatico, le altre aspettative auspicate dall’addestramento col platform sono quelle neuroanatomiche come: il miglioramento della funzionalità dell’ippocampo deputato al consolidamento mnesico e al richiamo della memoria spaziale ed episodica; della corteccia prefrontale dorsolaterale che controlla la pianificazione, il processo decisionale e l’inibizione e del cervelletto che svolge un ruolo importante nel controllo motorio e nell’equilibrio. Questo traguardo, prefissato dal punto di vista neurofunzionale, si evince dallo studio canadese avviato nel 2017 dall’equipe dell’Università di Montréal, diretta dal neuroscienziato Gregory West. «In questa ricerca – riferisce Alessandro Sileo – si è scoperto che i pazienti che interagiscono con i platform, per cinque giorni alla settimana per trenta minuti nell’arco di sei mesi, potrebbero ridurre al minimo il pericolo di contrarre un lieve deterioramento cognitivo e pure prevenire diverse forme di demenza. Il merito del progresso cognitivo è dovuto alla riorganizzazione cerebrale, conseguente all’apprendimento. Purtroppo, accade che quando il cervello non esperisce nulla – conclude Sileo – la sostanza grigia si atrofizza man mano che le persone invecchiano».

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