Recovery Plan, le infrastrutture sono la priorità per la ripresa delle regioni del Sud

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Alfredo Cestari, presidente ItalAfrica

L’emergenza pandemica ha evidenziato ulteriormente l’importanza di avere infrastrutture efficienti. E’ quello che attraverso il Progetto Sud Polo Magnetico sosteniamo da tempo insieme alla necessità che gli investimenti siano indirizzati sulla base di un nuovo piano integrato.

Significativi sono i risultati di una indagine EY-SWG che ha coinvolto 400 manager e dirigenti italiani, sul settore infrastrutturale, con un focus su Recovery Plan, mobilità sostenibile e smart city.
L’indagine ha messo in evidenza come i manager italiani riconoscano alle infrastrutture un ruolo strategico per il futuro del Paese: il 97% è infatti convinto che gli investimenti in questo settore a favore della mobilità siano essenziali per lo sviluppo economico e la competitività nazionale.
Per quanto riguarda le tipologie di infrastrutture, secondo i manager intervistati, dovremmo puntare come priorità su quelle digitali (71%) e sui sistemi integrati di mobilità metropolitana (50%), seguiti dall’alta velocità ferroviaria (43%) e le infrastrutture sanitarie (41%) Il Recovery Plan viene considerato da ben 7 manager su 10 come un’occasione unica per dare un impulso alla crescita economica italiana, con priorità di destinazione dei fondi alla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione (53%) e all’istruzione (49%), seguite dalle grandi opere infrastrutturali (46%). Ancora, servono Sistemi ferroviari regionali (19%),  Sistema autostrade (13%),  Strade statali e provinciali (12%),  porti (12%),  aeroporti (7%).
Queste valutazioni in territori del Sud come la Basilicata – ancora senza un aeroporto ed interporto,  con un sistema stradale e ferroviario fortemente inadeguato alle esigenze di imprese e cittadini – acquistano un significato maggiore.

Per questa ragione i dettagli che emergono dal lavoro in corso fra il presidente del Consiglio Mario Draghi, il ministro dell’Economia Daniele Franco e gli altri ministri coinvolti nella parziale riscrittura del ‘Recovery’, in coerenza con le conclusioni della due giorni del convegno ‘Sud Progetti per ripartire’ organizzato dal ministero per il Sud e la Coesione Territoriale, sono incoraggianti. E’ stata proprio la ministra Mara Carfagna a rivelare che “sulle infrastrutture il Sud intercetterà circa il 50% degli investimenti”. A proposito dei fondi europei, però, il 55% degli intervistati dello studio EY-SWG sostiene che ne sapremo utilizzare la maggior parte, evidenziando un generale ottimismo. Tuttavia, restano dubbi diffusi sulla nostra capacità di servirci al meglio delle risorse europee. Soltanto il 27% crede che investiremo la totalità dei fondi destinati all’Italia, mentre e il 18% afferma che ne impiegheremo meno della metà. Una delle motivazioni di questo scetticismo è dovuto ai processi burocratici del nostro Paese, considerati troppo lunghi e complessi. Per questo tra i benefici del Recovery Fund, secondo il 64% dei manager, ci sarà la semplificazione del sistema burocratico e l’accelerazione delle procedure amministrative. Dunque la “malaburocrazia” è sempre in agguato e poiché tutti i finanziamenti arriveranno in funzione dello stato di avanzamento dei progetti si deve procedere con speditezza all’adeguamento delle normative in materia di appalti. Ma sia chiaro: per colmare i gap del Sud non basterà il Recovery, servirà una strategia complessiva, che guardi anche oltre i sei anni del Recovery, e faccia leva anche sui fondi strutturali europei e sul Fondo sviluppo coesione, in grado di mobilizzare alcune decine di miliardi in più rispetto ai 190 del Ngeu.

Alfredo Cestari, presidente ItalAfrica

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