SALVIAMO L’ANTICO CASTELLO DI PISTICCI NEL RIONE TERRAVECCHIA

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PISTICCI. Un antico simbolo della nostra città, da salvare. Ricordate la vicenda di Pompei, di qualche tempo fa, di cui si interessarono le cronache di tutto il mondo? Per l’occasione, forse senza volerlo, furono messi a nudo problemi del patrimonio storico – archeologico di diverse regioni d’Italia. Strutture in buono o discreto stato, ma anche siti che per mancanza di manutenzione e attenzione particolare – come appunto si verificò per la Casa dei Gladiatori – col passare del tempo corrono il rischio di sgretolarsi e scomparire. E’ il caso del castello di Pisticci, nell’antico e suggestivo rione Terravecchia, che secondo i ricordi di chi ha vissuto sempre quì, non è stato mai interessato da opere sia pur minime, che ne salvaguardassero il suo stato di salute, da tempo ritenuto abbastanza precario. Pareti fatiscenti, crepe e lesioni sparse su tutta la superficie, erbacce sulle facciate, il tutto dovuto oltre che alla totale assenza di opere manutentive, anche alla mancanza di copertura (sulla parte più alta sono nati addirittura degli alberelli) a suo tempo sprofondata e mai ripristinata. Il castello normanno – svevo dei “Conti Acerra”, è situato alla estremità di quel rione, in posizione strategica da cui ammirare la valle dei fiumi Basento e Cavone, i centri abitati di Craco, Ferrandina, Stigliano, Pomarico e l’ultimo tratto dell’Appennino lucano con i Monti Raparo, Alpi e il massiccio del Pollino. Le prime notizie sulla struttura, risalgono all’XI secolo, quando Roberto da Montescaglioso fece dono del castello ad Arnaldo, vescovo di Tricarico. Dopo si registrarono altri passaggi di proprietà a favore delle famiglie Sanseverino, De Sergio, Rogges e De Cardenas, per poi essere venduta all’asta grazie alla Legge di Gioacchino Muurat. Opera che originariamente assumeva il formato di un torrione rettangolare con stanze e ambienti con copertura a tutto sesto. I Sanseverino, intorno al 1400 iniziarono i lavori di ampliamento che si protrassero per circa un secolo, completati dal feudatario Pietro A. Spinelli, conte di Seminara. Nel 1931, il lato destro e il portone centrale, furono abbattuti per fare posto al grande serbatoio dell’Acquedotto dell’Agri, realizzato dal regime fascista per soddisfare i bisogni idrici della città. Tra fantasia e realtà, tra le altre cose, si racconta, che il conte degli Acerra, durante la sua permanenza nel castello di Terravecchia, esercitava il diritto dello “ius primae noctis”, modo tutto speciale per la sposa, di trascorrere con il Conte, la prima notte di nozze, anzichè col marito. Lasciando da parte la leggenda e ritornando all’argomento principe della struttura vera e propria, che appartiene a privati proprietari, sicuramente non in grado di provvedere a proprie spese a rimetterla in sesto, prima che le cose precipitino, riteniamo necessario lanciare appello affinchè, istituzioni preposte, Sovrintendenza, Ufficio Territorio, Provincia, Comune, si interessino del caso di questo antichissimo maniero, si rendano conto della sua evidente precarietà e si intervenga nei modi e tempi ritenuti opportuni. Prima che sia troppo tardi. MICHELE SELVAGGI

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