Una diciannovenne strappata dal coma per una malattia rarissima: un successo della multidisciplinarietà

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E’ uscita dal coma dopo una rarissima malattia infiammatoria demielinizzante: il percorso verso la guarigione di una diciannovenne è ancora lungo e lento ma la combinazione di una rapida diagnosi esatta e l’uso di una terapia articolata immunosoppressiva hanno prodotto già risultati significativi rispetto a un quadro clinico di partenza drammatico.

Tutto è cominciato circa due mesi fa, quando la ragazza ha presentato una sindrome influenzale ma dopo due giorni si è registrato un progressivo e rapido rallentamento ideo-motorio con stato confusionale. Accompagnata al pronto soccorso del San Carlo la puntura lombare escludeva una meningite batterica e in poche ore la ragazza presentava insufficienza respiratoria e poi uno stato di coma severo. Ricoverata in Rianimazione, veniva intubata e posta in coma farmacologico. La Risonanza magnetica nucleare cerebrale e midollare evidenziava lesioni infiammatorie demielinizzanti multifocali cerebrali e a livello del midollo spinale toracico. L’esame elettromiografico evidenziava anche una poliradicoloneuropatia (malattia dei nervi) agli arti superiori ed inferiori. Con la diagnosi di encefalomieloradicolonevrite post-infettiva fulminante è stata iniziata, immediatamente, una terapia con cortisone ad alte dosi per 5 giorni e a seguire plasmaferesi (5 sedute a giorni alterni per 7 giorni) e poi due cicli di terapia con Immunoglobuline endovena.
La plasmaferesi è una procedura terapeutica che permette di separare la componente liquida del sangue (il plasma) dalla componente cellulare, rimuovendo sostanze in esso presenti, in questo caso gli autoanticorpi. Dopo 10 giorni era interrotto il coma farmacologico e la paziente si risvegliava, era vigile ma con un quadro clinico simile alla sindrome locked-in o del chiavistello. “Questa sindrome – spiega il primario di Neurologia, Ernesto Ferrante – è generalmente causata da un ictus ischemico del tronco-encefalo : una condizione nella quale il paziente è cosciente e sveglio, ma non può muoversi oppure parlare a causa della completa paralisi di tutti i muscoli volontari del corpo. La ragazza riusciva a comunicare solo aprendo e chiudendo gli occhi. Dopo circa 10 giorni dal risveglio dal coma ha cominciato a muovere la mano e l’avambraccio destro e in seguito anche la mano sinistra, migliorando così le capacità di comunicazione“.
In seguito si praticava tracheostomia per prevenire complicanze respiratorie e la gastrostomia endoscopica percutanea, cosiddetta PEG, poiché la ragazza non era in grado di deglutire. La PEG consiste nel praticare un piccolo foro sulla parete addominale attraverso il quale poi si posiziona un sondino che termina con un estremità nello stomaco e consente un’adeguata alimentazione. Poi la paziente è stata trasferita in Neurologia e quindi in un centro di Riabilitazione intensiva. Dopo circa 50 giorni dall’ esordio dei sintomi la paziente muove il capo, gli arti superiori e riesce a comunicare scrivendo brevi frasi di senso compiuto con penna e/o tastiera del cellulare.

“La encefalomieloradicolonevrite post-infettiva fulminante – ha precisato il dottor Ferrante – è una rarissima malattia. Definita con l’acronimo ADEM dall’inglese ‘acute disseminated encephalomyelitis’ è una malattia infiammatoria demielinizzante, scatenata da una infezione, anche banale, come una sindrome influenzale, che innesca un meccanismo autoimmunitario per cui l’organismo produce anticorpi che attaccano la mielina, la guaina che avvolge le fibre nervose delle cellule nervose del cervello, midollo e talora, rarissimamente, come nel caso della nostra paziente , anche dei nervi, portando in breve tempo alla paralisi completa degli arti e al coma. I casi in cui vengono interessati anche i nervi sono i casi più gravi con prognosi più severa. La diagnosi precoce, e la tempestiva terapia immunosoppressiva, che contrasta la produzione di autoanticorpi, la plasmaferesi e la somministrazione di immunoglobuline endovena, consentono una prognosi migliore, come nel nostro caso”.

“Ancora una volta – commenta il direttore sanitario dell’Aor San Carlo Antonio Picerno – paga il lavoro di gruppo multidisciplinare. In questo caso hanno cooperato ben cinque equipe : la Rianimazione (diretta da Mileti), malattie infettive (direttore De Stefano), centro trasfusionale che ha eseguito la plasmaferesi (direttrice Musto), endoscopia digestiva (direttore Sigillito) che ha eseguito la PEG e Neurologia (direttore Ferrante). E’ stato così possibile raggiungere un buon risultato terapeutico nella cura di una rarissima malattia che ha spesso esito infausto”.

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