La storia di “emigrazione di ritorno” di un giovane – Attilio De Matteis di S. GIORGIO LUCANO

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La storia di “emigrazione di ritorno” di un giovane – Attilio De Matteis – che lascia Bergamo per tornare a S. Giorgio Lucano, paese d’origine della famiglia, a fare l’agricoltore, è doppiamente significativa perché è un segnale di incoraggiamento per i giovani specie delle aree rurali più interne e svantaggiate che il viaggio al Nord o in Paesi dell’Europa non è una scelta obbligata di vita e perché l’innovazione in agricoltura garantisce il  futuro.  A sostenerlo è Rudy Marranchelli, presidente di Agia-Cia Basilicata per il quale è una storia che merita un riconoscimento tenuto conto che testimonia una maturità di scelta sia per le produzioni privilegiate (erbe officinali e zafferano) che per la scelta associativa dell’Associazione produttori  piante officinali e zafferano che va indicata a tutti gli agricoltori giovani e meno giovani. Una storia di straordinaria innovazione all’ombra di uno dei settori più antichi e fiorenti del nostro passato. Oggi i nuovi agricoltori sono professionisti con i piedi per terra e la testa sempre al lavoro. Agricoltori capaci d’interpretare le sfide di un nuovo modello di produzione, trasformazione e commercializzazione. Sono passati 40 anni da Taccone d’Irsina ‘77, ma gli agricoltori, autentici lavoratori, che si sporcano le mani, che lottano, determinati a trovare nuove soluzioni – continua il presidente Agia-Cia – sono sempre gli stessi, legati dall’amore per la terra, il proprio lavoro, i valori più intimi e propri di coloro che nel loro territorio credono e si spendono quotidianamente; quegli agricoltori che si mettono in gioco per non lasciare, come invece altri, meno motivati, fanno o hanno fatto, abbandonando l’agricoltura in cerca di una vita migliore. Ogni impresa agricola custodisce due anime: una è romantica e, nella mente delle persone, alimenta l’idea del bello, della serenità, del gusto, della bontà, del cibo giusto e sufficiente; la seconda è arida e fa tribolare gli agricoltori: è quella che rimette i piedi per terra e  fa scontrare gli agricoltori con la realtà. In questa realtà Giovani e Donne vogliono essere ancora di più i protagonisti del cambiamento nell’agricoltura lucana

Per riuscire a fare impresa oggi in ambito rurale -sottolinea Marranchelli- ci vuole una cultura imprenditoriale diversa, capace di assumersi dei rischi, di lavorare in rete, di cogliere le opportunità che oggi offrono il web e la dimensione del mercato internazionale. Il settore agricolo da sistema chiuso deve diventare sistema aperto sfruttando al massimo la caratteristica insita nell’attività agricola, ovvero la tensione allo sperimentare, all’innovazione. Lavorare in rete offre moltissimi stimoli in questo senso: la costituzione di Partenariati Europei per l’Innovazione, la formazione di Reti di impresa per cogliere nuovi fondi, la propensione all’internalizzazione esplorando mercati nuovi sono elementi fondamentali per la valorizzazione del settore agricolo locale oggi. Ai giovani imprenditori agricoli lucani l’opportunità di cogliere ora la sfida del Psr 2014-2020″.

Se dunque iscriversi ad Agraria è trendy, imparare un mestiere legato alla terra una scommessa. Che sempre più giovani dimostrano di voler sostenere, attratti dalla possibilità di trasformarla in una seria e duratura opportunità di lavoro. Posto che alle tradizionali professioni – una ventina quelle «codificate», dall’agricoltore in senso lato, al fitoiatra, fino allo zoonomo – negli ultimi anni si stanno affiancando nuove attività altamente specialistiche. Che comunque dopo una formazione di base richiedono la frequenza di master, stage o scuole di specializzazione.

Fatto sta che l’agricoltura e la zootecnia, con tutte le sue declinazioni multifunzionali caldeggiate anche dalla Politica agricola comune, hanno aperto le porte a decine di nuove attività. Con almeno 5mila partite Iva negli ultimi tre anni, secondo le rilevazioni dell’Agia, l’associazione giovani agricoltori della Cia. Dall’architetto del verde, al consulente enogastronomico, dallo stilista ecosostenibile con fibre agricole, al professore di tartufo, l’elenco dei nuovi mestieri «green» si allunga quasi a vista d’occhio

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