UIL P.O: In aumento le dimissioni volontarie delle lavoratrici madri

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E’ cosa nota che l’occupazione femminile in Italia si trovi ad un livello nettamente inferiore rispetto agli altri paesi europei. Particolare allarme desta l’incidenza delle dimissioni volontarie da parte di lavoratrici come si rileva dalla “Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri (anno 2016) dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro”.

Nel Sud sono state rilevate n. 4.515 convalide, a fronte di n. 4.060 nel 2015, pari a circa il 13% del totale dei dati, a cui vanno aggiunte n. 1.544 della regione Sicilia ( per un totale di n. 6.059 con un’incidenza pari a circa il 16% rispetto al dato nazionale di n. 37.738 convalide). Risulta confermato, il trend già evidenziato lo scorso anno, in base al quale la gran parte dei lavoratori/delle lavoratrici interessati/e dalle convalide hanno prevalentemente un solo figlio, ovvero sono in attesa del primo figlio, rappresentando circa il 60% del totale.

Passando ad una rapida disanima dei dati, balza agli occhi come il 78% del totale delle dimissioni venga richiesto da lavoratici madri; il 40% di loro ha dato come motivazione la difficoltà di conciliare il lavoro con la vita personale e della famiglia. Il dato è in forte aumento rispetto agli anni passati.

Le motivazioni prevalenti che hanno portato le lavoratrici madri a lasciare il lavoro sono:
– la mancanza di parenti di supporto per le cure al neonato,
– il mancato accoglimento al nido,
– il passaggio ad altra azienda,
– l’organizzazione del lavoro inconciliabile con la cura dei figli,
– l’elevata incidenza dei costi per l’assistenza del neonato,
– la mancata concessione del part-time/orario flessibile.
Escluso il passaggio ad altra azienda, che interessa in misura consistente anche i lavoratori padri, tutte le altre motivazioni riguardano le donne che sono chiamate a conciliare le cure dei figli con la vita lavorativa.
Inoltre, il monitoraggio evidenzia come siano state maggiormente coinvolte le donne con una limitata anzianità di servizio (nell’87% dei casi), giovani (nel 56% dei casi, di età dai 26 a 35), occupate in piccole aziende (nel 54% dei casi, in imprese con meno di 15 dipendenti) e con la qualifica di operaia e di impiegata.
Questi dati, mostrano il perdurare dei fenomeni discriminatori che penalizzano fortemente le donne, nonostante in ogni sede ed in ogni luogo si ribadisca il concetto che il benessere delle donne coincide con quello del Paese. I dati confermano anche che fare figli in Italia è diventata una questione privata e che troppo spesso per le lavoratrici la maternità diventa non solo un ostacolo al rientro al lavoro ma anche al percorso di crescita professionale, mediante il demansionamento e l’isolamento fino a provocarne le dimissioni, determinando così condizioni di discriminazione e di povertà per le donne, oltreché per le famiglie monoreddito con prole e di conseguenza per i minori”.

La relazione del Ministero del Lavoro, è dunque l’ennesima conferma che le politiche di conciliazione e di pari opportunità, così come pensate ed attuate oggi, non sono in grado di garantire un reale sostegno alle donne ed al tempo stesso all’economia del Paese.

La risposta a questo tema di grande rilievo economico e sociale non può che essere l’incremento dei servizi per la prima infanzia, per il supporto alle lavoratrici madri ed, in generale alla famiglia. Lo stesso vale per il regime dei permessi che deve poter garantire la necessaria flessibilità a chi si occupa del lavoro di cura dei figli o degli anziani.

Il Coordinamento Pari Opportunità e Politiche di Genere della Uil auspica l’impegno del Governo, delle parti datoriali e di tutte le istanze sociali coinvolte, affinché vengano poste in essere tutte le azioni per eliminare questa forma strisciante di discriminazione.

Anna Carritiello, Commissione Pari Opportunità Uil Basilicata

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