Importante procedura interventistica applicata dal primario di neurologia per la prima volta a Potenza

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Si è sentito rinascere, quando si è finalmente alzato dal letto e rimesso in piedi, dopo 7 ore dal trattamento. Quella terribile cefalea ortostatica che da quindici giorni lo costringeva a letto era del tutto scomparsa. Ha funzionato il “viaggio della speranza”, dalla provincia di Lecce a Potenza per il paziente S.C.P., un 50enne affetto da cefalea ortostatica causata da sindrome da ipotensione liquorale spontanea. Una patologia rara, assai dolorosa per cui il nuovo primario di Neurologia del San Carlo, Enrico Ferrante, ha elaborato una procedura terapeutica innovativa: la blood patch epidurale lombare con sangue autologo. Una tecnica che ha applicato con successo centinaia di volte a Milano, facendo del Niguarda un punto di riferimento nazionale per la cura di questa particolare cefalea, e che nei giorni scorsi ha attuato per la prima volta al San Carlo. L’intervento, della durata di circa venti minuti, si è svolto nella sala di Angiografia, nel reparto di Radiologia diretto da Enrico Scarano, per consentire il monitoraggio della procedura con la tecnica della guida fluoroscopica. La procedura è stata eseguita in anestesia locale con la collaborazione del dottor Petrecca, responsabile del servizio di Partoanalgesia. Al terzo giorno il paziente è stato dimesso completamente guarito.
“I progressi della clinica e delle tecnologie digitali – ha commentato il direttore sanitario Antonio Picerno – permettono di diagnosticare tante nuove malattie. E’ quindi fondamentale che le risposte dedicate siano sempre più approfondite e specializzate: ed è quello, ad esempio, che possiamo fare per questa grave forma di cefalea, grazie alla procedura elaborata dallo stesso dottor Ferrante”.
“La sindrome da ipotensione liquorale spontanea – ha spiegato il primario di neurologia, Enrico Ferrante – si caratterizza per la presenza di cefalea ortostatica, un mal di testa che si manifesta dopo pochi minuti quando il paziente è in piedi o seduto e invece scompare dopo pochi minuti in posizione orizzontale. In circa il 70% dei casi si associano anche disturbi uditivi quali acufeni, sensazione di orecchio tappato, come quando si è in alta quota. Raramente la sindrome, se trattata tardi con la blood patch epidurale, può causare gravi complicanze quali trombosi venose cerebrali, ematoma subdurale cerebrale, presente anche nel nostro paziente, fino al coma. Il cervello e il midollo spinale sono contenuti nel sacco durale, immersi nel liquor cefalo-rachidiano. La causa della sindrome è una perdita di liquor da un foro, della dura madre, membrana che avvolge il midollo spinale, generalmente nel tratto cervico-dorsale del rachide, che causa una diminuzione della pressione liquorale che, per forza di gravità, fa “affondare” il cervello in posizione verticale. La lacerazione della dura madre avviene di solito, spontaneamente, senza alcuna causa apparente, di rado, invece, può essere causata anche da un colpo di tosse forte, starnuto, sforzo fisico eccessivo o brusca torsione del collo”.    “La procedura da me elaborata – precisa il primario di Neurologia – prevede l’iniezione di sangue dello stesso paziente , misto a mezzo di contrasto iodato, nello spazio epidurale lombare in quantità variabile fino 40 ml. Dopo circa 20 minuti dal trattamento il paziente esegue una TC dorso-lombare per il controllo. Il paziente, dopo il trattamento, resta a riposo letto per circa 7 ore in posizione di Trendelenburg, a testa in giù a circa 20 gradi. Il paziente quando si rimette in piedi avverte immediata scomparsa della cefalea. La blood patch epidurale agisce con due meccanismi. Il primo e quello di favorire con la coagulazione del sangue, la chiusura del foro durale, come quando si mette una toppa sulla camera d’aria della bicicletta per riparare una foratura. Il secondo, immediato, è quello di schiacciare il sacco durale aumentando la pressione nello stesso e facendo risalire il cervello nella sua posizione naturale (come quando si schiaccia una bottiglia di acqua di plastica, riempita a metà con all’interno una pallina galleggiante, il livello dell’acqua sale e contemporaneamente risale la pallina, simboleggiante il cervello). La blood patch, nella maggior parte dei casi, favorisce anche il riassorbimento degli ematomi subdurali cerebrali evitando così l’evacuazione degli stessi con l’intervento neurochirurgico. E nei rari casi di coma ne determina il risveglio. E’ una procedura sicura che può talora causare lombalgia per qualche giorni ma risponde agli antidolorifici”.

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