BIOLOGICO: DAL SANA DI BOLOGNA LE INDICAZIONI DELLA CIA PER LA BASILICATA

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Il bio cresce nei consumi e nei campi. Il settore evolve rapidamente in tutt’Italia, dove la conversione colturale nelle aziende raggiunge percentuali a due cifre in pochi anni. Aumentano anche gli investimenti verso nuove tecnologie, con l’agricoltura di precisione che fa breccia tra gli agricoltori biologici. 100 mila aziende agricole bio e hi-tech entro il 2030. E’ la previsione che fa la Cia-Agricoltori Italiani dal Sana di Bologna. Assieme alla sua associazione di riferimento Anabio è l’unica organizzazione di rappresentanza del mondo agricolo che sostiene e partecipa quest’anno al Sana.

In Basilicata sono 5340 le aziende agricole che hanno rinunciato all’impiego di concimi chimici e fitofarmaci di sintesi operando nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente. Si tratta principalmente di aziende ad indirizzo cerealicolo-foraggero che unite ai prati pascolo e ai boschi, costituiscono più dell’80% dell’attività biologica territoriale; a seguire le aziende olivicole, frutticole, orticole e zootecniche.
Considerato che, ad oggi, circa 116 mila ettari dei 538 mila totali costituiscono la superficie agricola destinata al biologico, risulta che quasi un quarto della SAU regionale è destinata a questo metodo di produzione.
Su questa crescita (nel giro di un anno le aziende biologiche sono quasi raddoppiate) molto hanno inciso le politiche di sviluppo rurale messe in atto fino ad ora dalla Regione Basilicata, prevalentemente con gli aiuti al reddito concessi a quegli agricoltori che hanno adottato, sull’intera superficie aziendale, tecniche biologiche.(Reg. Ce n°1257/99 “misura 3.1” Agricoltura Biologica)
Per questi motivi, secondo Cia e Anabio, con la programmazione dello sviluppo rurale 2014-2020 il biologico deve porsi ambiziosi obiettivi: innanzitutto raddoppiare le superfici e il numero degli operatori e creare filiere in nuovi settori, rafforzando quelli già strutturati. Poi sviluppare l’aggregazione e la logistica e istituire distretti biologici volti a valorizzare l’ambiente, la storia, le tradizioni, la cultura di un determinato territorio. E ancora: sviluppare la zootecnia “bio” e le relative filiere a cominciare dalla produzione di alimenti biologici per animali, dando particolare attenzione all’alpeggio e alla monticazione. Inoltre, bisogna dare priorità ai giovani che praticano l’agricoltura biologica e istituiscono fattorie sociali e didattiche e intraprendono programmi di trasformazione in azienda, per agriturismi biologici, per la produzione di erbe officinali. Infine è necessario andare nella direzione di abbattere i costi di certificazione del “bio” tramite parziale rimborso, adottando modalità di rendicontazione semplice.

In Italia -è stato detto al Sana – si sta superando la soglia di 1,8 milioni di ettari coltivati grazie a un mercato che chiede biologico e che continua a tirare, condizionando le scelte degli imprenditori agricoli. Il comparto è particolarmente sensibile alle innovazioni. Una filosofia che prevede la riduzione degli sprechi e contemporaneamente si adegua agli effetti dei mutamenti climatici. Le realtà di grandi dimensioni stanno facendo investimenti importanti, per ridurre l’uso d’acqua e la bolletta energetica, con la mira di razionalizzare i costi di produzione. Tra l’altro, è molto diffuso il connubio di chi produce biologico ed energie rinnovabili.

Ma la tecnologia avanzata interessa anche i segmenti finali della filiera, trasformazione e logistica. Le maggiori strutture del nostro Paese hanno messo nei loro bilanci circa 50 milioni di euro, nel prossimo biennio, per potenziare le attività con strumenti hi-tech. Già oggi, sono diverse le esperienze virtuose che si avvalgono dei moderni ritrovati della robotica e cibernetica, con l’utilizzo di App e software di ultima generazione per la gestione delle attività produttive. In particolare, gli allevamenti rappresentano una punta avanzata con livelli di automazione green inimmaginabili fino a dieci anni fa. Stalle guidate da pc, tablet e smartphone che producono carne, latte e biogas.  Droni che sorvolano tra i filari di vite per verificare lo stato delle uve e i bisogni delle piante. Sonde interrate a verifica dei quantitativi di azoto presenti per favorire la nascita di tartufi e funghi. Esempi di quella che viene comunemente definita agricoltura di precisione e che in Italia è attiva oggi solo sull’1% della superficie agricola utilizzata. Ma che, stando alle linee guida del Ministero delle Politiche agricole, dovrebbe raggiungere entro il 2021 il 10%, ovvero 1,2 milioni di ettari.

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