141mila lucani rinunciano alle cure per problemi economici, l’universalismo di facciata della sanità lucana

michele napoli
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“Sono 141mila i lucani che nell’ultimo anno hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie, non riuscendo a pagare di tasca propria, nelle strutture sanitarie private, visite mediche, esami diagnostici o cure odontoiatriche, che il sistema sanitario regionale non riesce ad erogare se non con tempi biblici e questo la dice lunga sulla capacità delle strutture pubbliche di far fronte a nuovi e vecchi bisogni di salute della nostra comunità”.

E’ quanto dichiara Michele Napoli, Presidente del Gruppo Consiliare “Forza Italia” della Regione Basilicata, sulla base delle risultanze dell’indagine Censis  sul futuro del Sistema Sanitario in Italia resa pubblica lo scorso mese in occasione del Welfare Day.

Nessun dubbio, prosegue Napoli, che oggi le liste di attesa siano il paradigma dell’efficace funzionamento delle strutture sanitarie, perché influiscono in maniera determinante sulla reale fruibilità delle cure.

Indicate dal 54% degli italiani come la priorità attraverso cui rendere il servizio sanitario funzionale alle esigenze dei cittadini e sperimentate sulla propria pelle come autentica criticità da 31,6 milioni di italiani che nell’anno 2016 hanno avuto urgente bisogno di almeno una prestazione sanitaria e si sono rivolti al privato, unico rimedio al cospetto di strutture pubbliche sature, le liste di attesa in Basilicata non smettono di allungarsi: circa un anno l’attesa per una visita in oculistica o in reumatologia al San Carlo di Potenza e analoghi tempi di attesa per importanti accertamenti diagnostici come mammografia e test cardiovascolare da sforzo con pedana mobile.

“E’ per superare il problema della scarsa accessibilità a visite mediche, radiografie, ecografie, risonanze magnetiche, Tac, pap test e ai servizi di luogodegenza che i lucani”, aggiunge l’esponente azzurro, “Sono costretti a ricorrere al privato e a mettere mano al portafoglio per curarsi”.

E la fascia di popolazione lucana a basso reddito, vale a dire quel 22% di lucani che vive in condizioni di povertà relativa, come farà a curarsi?

E’ costretta, dall’universalismo delle parole e non dei fatti della sanità lucana, a rinunciare a quella prestazione sanitaria che è stata loro prescritta dal medico.

“L’indagine Censis”, spiega l’esponente azzurro, “Fotografa dunque le reali condizioni della sanità lucana che non è più per tutti, secondo il modello delineato dalla Costituzione, ma sempre più per pochi, i più abbienti, che si possono permettere di pagare, in intramoenia o dal privato, 100 o 150 euro una visita medica o un accertamento diagnostico, baipassando così le lunghe liste di attesa”.

“E’ francamente inammissibile”, conclude Napoli, “Che ai risultati esaltanti sotto il profilo delle possibilità di cura e di trattamento di un numero amplissimo di patologie un tempo non curabili( AIDS, epatite C, patologie tumorali) e che hanno contribuito ad innalzare l’età media della popolazione, faccia riscontro l’incapacità delle istituzioni lucane di gestire le risorse del servizio sanitario regionale in modo tale da garantire questi benefici a quanti realmente ne hanno bisogno”.

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