CENTRO IMPIEGO TINCHI-PISTICCI: CASTELLUCCIO (FI), TUTTI I CPI NON TROVANO LAVORO

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Ben venga la riapertura del Centro per l’Impiego di Tinchi di Pisticci, ma attenzione ad alimentare aspettative tra giovani e disoccupati di lungo corso perché i Centri per l’Impiego non trovano lavoro: a sostenerlo è il vice presidente del Consiglio Regionale Paolo Castelluccio (Fi). Il recente Rapporto Excelsior-Unioncamere sulla disoccupazione è una nuova prova del fallimento delle politiche attive e dei servizi per il lavoro sostenute dal Governo, un fallimento dovuto largamente alla tradizionale inefficacia dei Centri per l’impiego e, da ultimo, al mancato decollo dellAgenzia Nazionale (Anpal). I dati sono impietosi: ogni addetto dei Cpi, in media, riesce a trovare un’opportunità di impiego ad appena quattro disoccupati o comunque in cerca di lavoro, a differenza delle Agenzie Interinali che hanno una media di 43 posti lavoro per ogni dipendente. Dunque in Italia i servizi pubblici per il lavoro intermediano il 3,1% dei contratti, cioè meno della metà (il 46,26%) di quanto avviene in Francia ove la percentuale di intermediazione pubblica è del 6,7%; il dato è ancor più deludente se paragonato a quello della Germania rispetto alla quale in Italia si intermedia meno di un terzo (il 29,52%): infatti  l’intermediazione tedesca al 10,5% dei contratti. Il dato italiano è, dunque, deludente, soprattutto in un quadro di libero mercato.

Secondo Castelluccio le responsabilità sono da distribuire a metà tra Governo e Regione. L’Italia, ha speso lo 0,03% del Pil in servizi per il lavoro rispetto allo 0,36% della Germania, allo 0,25% della Francia (dato al 2012) e allo 0,08% della Spagna. In termini di spesa per disoccupato e forze lavoro potenziali, si va dai circa 2.800 euro pro-capite spesi dalla Germania, ai 1.500 della Francia, ai 122 della Spagna e gli 84 dell’Italia. Di qui l’impegno ad affrontare la questione con il Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani per monitorare le profonde differenze tra gli Stati dell’Ue. L’ Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, annunciata come lo strumento strategico per fare la rivoluzione nel mercato del lavoro, a cominciare dal compito prioritario di riportare allo Stato le competenze sui centri per l’impiego che prima erano in capo alle Regioni, è ancora un oggetto sconosciuto. E’ da ricordare che gli ex uffici di collocamento pubblici, passati dalle province alle regioni, raggiungono i 550 sportelli sul territorio. Gli addetti che vi operano sono 8.429. I disoccupati avviati al lavoro attraverso questo circuito sono in un anno in media circa 33-34 mila. Le Agenzie, invece, hanno una presenza che tocca le 2.606 filiali o sedi, con un numero di occupati diretti che arriva a poco meno di 11 mila unità. Il totale dei disoccupati ai quali viene offerta un’occasione di lavoro ammonta in media a circa 465-470 mila. Se queste sono le cifre, la riforma delle politiche attive figlia del Jobs Act del precedente Governo Renzi si rileva un flop totale.

Per Castelluccio, constatato il fallimento del Programma Garanzia Giovani – a meno che si consideri un successo la semplice presa in carico dei giovani iscritti – si impone una riconsiderazione delle cosiddette politiche attive per il lavoro specie se si riferiscono ai giovani. Sinora l’ istituzione dell’Agenzia Lab (Lavoro e Apprendimento Basilicata) non ha ancora fatto nulla per cancellare l’esperienza dei vecchi uffici di collocamento e delle agenzie di formazione. Inoltre, non è ancora superato il rischio che buona parte di questi servizi sia finanziata con fondi comunitari, camuffando le attuali mansioni in ‘servizi’ in modo da poter utilizzare quelle fonti. Il problema è che utilizzando tali risorse, il sistema nel suo complesso mancherebbe totalmente di progettualità di lungo periodo, perché è vincolato da bandi temporanei più interessati alla rendicontazione economica che dell’effettiva efficacia delle politiche del lavoro.

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