Il dietrofront dei due Parchi nazionali della Basilicata su due progetti ad alto impatto ambientale

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Legambiente: “I parchi devono essere consapevoli del proprio ruolo. Gli scempi ambientali vanno evitati in anticipo”

Negli ultimi mesi nei due Parchi nazionali della Basilicata, per una curiosa coincidenza, hanno trovato una loro, al momento per fortuna positiva, soluzione, due vicende per molti versi analoghe relative alla realizzazione di opere strutturali ed infrastrutturali in aree ad elevato pregio naturalistico e paesaggistico all’interno, appunto, del Parco nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese e del Parco nazionale del Pollino. Ci riferiamo al progetto di sentieristica previsto nell’area delle Murge di S. Oronzo nel comune di San Martino d’Agri (Parco nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese) e del progetto di realizzazione di una centrale idroelettrica sul fiume Frido nel comune di Viggianello (Parco nazionale del Pollino). L’analogia tra i due casi è relativa al fatto che in entrambi i casi i lavori sono stati bloccati dai rispettivi enti parco con obbligo di ripristino ambientale dei luoghi attribuito alle ditte esecutrici dei lavori.

Tutto bene quel che finisce bene? Non proprio. Pur evidenziando i positivi dietrofront dei due enti parco sui rispettivi casi, secondo Legambiente Basilicata è inammissibile, soprattutto per un Parco, autorizzare e/o fornire pareri positivi su progetti, per poi essere costretti a bloccare tutto, quando purtroppo molti danni sono già stati fatti. Già nel mese di giugno 2016, di fronte allo scempio in atto alle Murge di S. Oronzo con interventi invasivi per nulla conformi alla prassi in materia di interventi di sentieristica e fruizione turistica in aree protette, avevamo chiesto all’ente parco la redazione della valutazione d’incidenza dell’opera e le eventuali misure previste per la mitigazione e la compensazione dell’impatto ambientale. Il piano di ripristino è stato approvato e gli interventi sono programmati a partire da settembre prossimo, ma gli interrogativi e le perplessità permangono sulle motivazioni in base alle quali l’ente parco dell’Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese e la Regione Basilicata abbiano potuto autorizzare nel 2015 la realizzazione ex novo di un “sentiero” di oltre 3 metri di larghezza (che ora dovrà essere ridotto a 1,2 metri), decine di metri di cordoli in cemento armato, profilati in acciaio, sedute in conglomerato cementizio, casserature ed armature metalliche (tutti elementi che ora dovranno essere rimossi). Interventi autorizzati e lavori non monitorati in un’area ad elevato valore conservazionistico che ospita nelle sue inaccessibili rocce la nidificazione del Capovaccaio  (Neophron percnopterus), specie quasi del tutto estinta in Italia e altre specie avifaunistiche di elevato valore (grifone, cicogna nera) e ambienti forestali di grande pregio come l’habitat “Foreste di Quercus ilex (Leccio)”. Area peraltro sottoposta a stringenti misure di protezione rientrando nella Zona 1 del Parco, ad elevato interesse naturalistico e paesaggistico con inesistente o limitato grado di antropizzazione, e ricadendo nella IBA (Important Bird Area) Val d’Agri e nella ZSC (Zona Speciale di Conservazione) Murgia San Lorenzo.

Anche il caso della centrale idroelettrica sul fiume Frido nel Parco del Pollino suscita analoghe sentimenti di perplessità e sconcerto. Innanzitutto gli interrogativi nascono in merito all’opportunità e legittimità di realizzare un impianto, di questo tipo (seppur di limitata taglia), autorizzato dalla Regione Basilicata, in un’area classificata zona 1 del Parco, ricadente nella ZPS (Zona di Protezione Speciale) “Massiccio del Monte Pollino e Monte Alpi” con la presenza di un fiume caratterizzato dalla presenza di specie rare e vulnerabili come la lontra e la trota fario. Inoltre risulta davvero inaccettabile il ritardo con cui l’ente parco nel giugno scorso si sia mosso per bloccare i lavori e ordinare il ripristino dello status quo ante dopo le tante segnalazioni ricevute e dopo aver constatato che i lavori si fossero discostati ampiamente dal progetto originario, illustrato nella Delibera della Regione Basilicata 835/2013. Perché intanto, purtroppo, gravi danni sono già stati arrecati tra spianamenti, taglio di alberi del bosco ripariale, evidente pesante alterazione dell’ecosistema fluviale. Un intervento, insomma, fortemente impattante, una ferita agli equilibri ambientali ed ecosistemici di un territorio delicato che poteva e doveva essere assolutamente evitato.

A questo punto risulta necessario porre rimedio per quanto possibile alle gravi alterazioni apportate dagli interventi realizzati nei due siti e pertanto Legambiente Basilicata chiede che per quanto riguarda l’area delle Murge di S. Oronzo, vengano messi in atto, come previsto, a partire dal prossimo settembre, le azioni contenute nel Piano di ripristino ambientale predisposto dal Parco dell’Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese, mentre, per ciò che concerne l’area del Mulino Magnacane sul Fiume Frido, si chiede che l’ente Parco del Pollino elabori prontamente un Piano di ripristino in grado di prevedere azioni utili a riqualificare i luoghi  e a mitigare l’impatto devastante determinato dai lavori già effettuati. Legambiente Basilicata monitorerà con la massima attenzione lo stato di attuazione delle azioni di ripristino in entrambi i siti.

“Nel contempo però – sostiene Antonio Lanorte, Presidente regionale di Legambiente –  pensiamo  vada aperta anche una seria riflessione su ruolo e funzioni dei Parchi nazionali. Vicende come quelle qui riportate, ma ne potremmo citare molte altre (una su tutte il famigerato progetto Security del Parco nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese) dimostrano che sempre più spesso gli enti parco dimenticano che il loro obiettivo prioritario è garantire la conservazione della biodiversità che può certamente essere coniugato con il concetto di valorizzazione a meno che questo non venga completamente distorto, come in questo caso”.

“Vogliamo ancora sottolineare – conclude Lanorte – che le  misure di protezione e tutela  servono a poco se non accompagnate da azioni concrete di gestione, che devono essere animate da una sensibilità ed un’attenzione certosina nel mettere in campo progetti che sappiano coniugare sviluppo territoriale, bellezza dei luoghi e tutela della biodiversità e non avallando ipotesi di sviluppo industriale e turistico che vadano a ledere gli stessi valori che devono essere tutelati”.

 

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