CIA: DARE PIU’ VALORE ALLA MONTAGNA

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“La montagna lucana con 24mila ha di seminativi, 15mila di colture legnose, 16,5mila di prati-pascolo e 17,7mila di colture boschive, può rappresentare una grande opportunità economica per tutti quei territori considerati periferici, ma c’è bisogno di investimenti per permettere alle popolazioni locali di vivere e fare reddito ed evitare l’abbandono di questi territori. Per questo, è necessario puntare sullo sviluppo delle attività economiche e fra queste l’agricoltura è uno dei settori sicuramente trainanti”. A sottolinearlo è la Cia di Basilicata evidenziando che soprattutto nella stagione estiva la montagna acquista maggiore attenzione diventando attrattore di turismo e di buon vivere. Di qui la necessità di dare alla montagna il giusto valore e individuare gli interventi più adatti per questo obiettivo. Servono politiche integrate, per dare risposte sui servizi per i quali non possono valere le stesse regole di economicità che devono essere rispettate in città. L’agricoltura in queste aree è un’attività primaria e deve essere integrata in un sistema socio-economico che comprenda trasporti, sanità e sociale, per permettere di vivere alle comunità locali. Lo sviluppo dei servizi e delle infrastrutture, però -aggiunge la Cia – devono venire dai fondi comunitari, ma ovviamente non può essere il piano di sviluppo rurale la prima fonte di finanziamento per investire sui servizi.
L’agricoltura è, per definizione, settore produttivo diffuso nello spazio rurale. Questa peculiarità obbliga ad una attenzione particolare per la erogazione di servizi alle persone ed alle imprese. È auspicabile pertanto il rafforzamento delle infrastrutture civili, sociali e di servizio alle imprese per favorire un equilibrato sviluppo delle aree rurali: welfare locale, servizi civili e sanitari, infrastrutture di comunicazione informatica e per la mobilità delle merci e delle persone. È altresì necessario il rafforzamento della macchina amministrativa per ottenere il duplice risultato di migliori servizi a fronte di una più equa e sostenibile gestione dei tributi, tariffe e fiscalità di carattere locale.
Inoltre per la Cia l’erosione della superficie agricola utilizzata è costante ed irreversibile e non può non suscitare allarme e preoccupazione. Solo nelle aree montane ci sono 7,5mila ettari non utilizzati. Occorre porre un freno ad un uso dissennato e confuso del suolo agrario soprattutto determinato dalle azioni non programmate delle opere di urbanizzazione, in particolare per centri commerciali e capannoni industriali. Occorre arrestare questo fenomeno con una gestione accorta degli insediamenti, recuperando una enorme cubatura abitativa, industriale e per servizi da tempo inutilizzata. Occorre preservare l’agricoltura, il peculiare ed inconfondibile paesaggio agrario, oggi più che mai identificabile con il bene ambientale di tutto il Paese. Infine occorre porre attenzione alla capacità di gestione dei terreni demaniali, a vario titolo in possesso degli Enti Locali, ma anche quelli a proprietà collettiva o gestiti in uso collettivo, affinchè con ciò si contribuisca ad una più adeguata gestione del territorio, dello spazio rurale ed al miglioramento del reddito delle imprese agricole.
Secondo la Cia, inoltre, non mancano le problematiche, come un eccesso di vincoli e di burocrazia, che sta spingendo il settore alla marginalità economica. Per questo occorre un piano nazionale di sviluppo dell’impresa boschiva, una strategia di valorizzazione della selvicoltura e dell’impresa, fondata su incentivi, agevolazioni fiscali (a partire dall’Iva sui combustibili legnosi), incentivi all’occupazione come mezzo di contrasto al lavoro nero. E poi semplificazione e sburocratizzazione.

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