ANED: “No alla sperimentazione privata dei centri dialisi degli ospedali pubblici lucani”

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E’ un modello che genera un aumento delle prestazioni ad alta redditività.

In un articolo pubblicato sul sito della Regione Basilicata il 23 giugno scorso, il personale del centro dialisi privato accreditato Sm2 sostiene che l’applicazione di una  sperimentazione gestionale privatistica ai centri dialisi pubblici lucani assicurerebbe una maggiore qualità delle prestazioni erogate, dei servizi prestati e soprattutto di economicità.

Le dichiarazioni di “persone interessate” alla esternalizzazione dei centri dialisi pubblici lucani,  in quanto – a loro dire – danno prestazioni di qualità e di economicità, sono fuori dalla realtà.

La nefrologia e dialisi pubblica italiane offrono prestazioni di grande livello, fra le più apprezzate e riconosciute al mondo. Non è un caso se oggi a guidare la nefrologia europea e quella mondiale sono stati chiamati illustri  italiani.

Per tale riconoscimento ne sono testimonianza i  dati del paziente in dialisi pubblica:

  • sopravvivenza di vita media maggiore;
  • inserimento in lista trapianto organi più immediato;
  • rapporto numero di dializzati per milione di popolazione (prevalenza) indica come nelle Regioni  con  più privato vi siano più dializzati: in Sicilia (68% di centri privati) la prevalenza è  930;  in Campania (75% con centri privati al 2011) la prevalenza è 884, in Calabria (2% centri privati) la prevalenza è 741 sovrapponibile al dato ligure, emiliano e toscano riconosciute come le sanità più efficienti.

In realtà, in quelle poche (fortunatamente) esperienze di esternalizzazione con il coinvolgimento di provider di dialisi private avvenute negli ospedali italiani, nel tentativo di arginare la carenza di personale, si sono verificate diverse problematiche ma soprattutto un aumento delle prestazioni ad alta redditività, ovvero di quelle modalità di dialisi ad alta tariffa di remunerazione, con conseguenti costi lievitati per il Servizio Sanitario Nazionale.

Altro che economicità!

D’altronde, quale interesse avrebbe un’azienda esterna, appaltatrice di servizi diagnostico-terapeutici, a contenere la riduzione delle prestazioni privilegiando interventi meno complessi, meno invasivi e meno remunerativi?

Quale interesse avrebbero i sanitari che dipendono dall’azienda esterna a partecipare a ricerche dirette a prevenire o curare le condizioni patologiche, che porterebbero, in prospettiva, a ritardare l’ingresso in dialisi o ad evitarla?

La dialisi, si sa, è un grande affare!

Quando, negli anni settanta, i pochi centri dialisi esistenti erano aggregati ai reparti di urologia e medicina ospedaliere, l’ANED fornì un contributo decisivo alla nascita della nefrologia come disciplina autonoma e inscindibilmente legata alla dialisi.

Ha elaborato idee che oggi sono diventate patrimonio pubblico quali il pieno trattamento, una delle conquiste fondamentali per garantire la dialisi a tutti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, la presa in carico precoce del paziente nefropatico, la prevenzione e diagnosi precoce delle malattie renali

Ha predisposto un modello organizzativo basato sulla rete regionale integrata di tutta la filiera nefrologica con collegamento funzionale delle strutture ospedaliere, ambulatoriali e private accreditate alle Unità Operative di Nefrologia, quali unità di riferimento e valutazione per ogni bacino di utenza, capaci di garantire al paziente nefropatico l’intero percorso assistenziale, dalla diagnosi precoce all’ambulatorio, dal trattamento sostitutivo dialitico alla cura delle complicanze e al trapianto renale, come prevede il Piano Sanitario Regionale.

Siamo convinti che, parte del personale che oggi lavora nei centri dialisi privati, ma in passato è stata per 40 anni alle dipendenze del Servizio Sanitario Nazionale, non l’abbia dimenticato.

Certo il settore della nefrologia e, in generale della sanità pubblica, in un momento storico difficile e delicato, presenta diverse problematiche, ma abbiamo sempre assunto con responsabilità il nostro ruolo di critica e di proposizione, evidenziando difficoltà, carenze, criticità ed apprezzando i comportamenti e le scelte di buon senso, a difesa dei nefropatici, dializzati e trapiantati.

Ad una tavola rotonda dal titolo”Vorremmo un mondo senza dialisi”, che si tenne a Roma, presso la biblioteca del Senato, nel settembre dello scorso anno, l’ANED, la Società Italiana di Nefrologia e il Ministero della Salute sottoscrissero un documento di intenti dal quale emerge:

  1. la comune volontà di difendere il Servizio Nazionale pubblico e universalistico;
  2. l’assoluta necessità di garantire la continuità assistenziale;
  3. la presa in carico globale della persona malata di reni con il coinvolgimento dei medici di medicina generale e degli specialisti di altre discipline;
  4. l’avvio in tutte le regioni di tavoli tecnici per la definizione di Piani Diagnostici Terapeutici Assistenziali, essenziali per valutare le diverse manifestazioni della malattia renale cronica.

In sostanza le Regioni hanno a disposizione tutti gli strumenti per adottare quegli interventi a basso impatto economico, poco convenienti per la dialisi privata, che possono portare nel breve periodo un miglioramento della qualità di vita dei cittadini e, conseguentemente, un risparmio economico considerevole per il sistema sanitario.

Purtroppo la “cattiva” politica sanitaria lucana ha perseguito strade opposte favorendo la realizzazione di due centri dialisi nel raggio di soli 18 km., uno privato accreditato a Policoro e l’altro a Tinchi: scelte incomprensibili, prive di senso che hanno alimentato lo sperpero di denaro pubblico.

Invece sarebbe stato sufficiente un piccolo investimento per avere un solo centro dialisi pubblico, nell’ospedale di Policoro, in grado di soddisfare tutte le esigenze dei cittadini malati di rene, di favorire la dialisi turistica, collegato con le altre specialità, preferibile sia per la sicurezza dei malati sia dal punto di vista economico, in sintonia con la migliore cultura scientifica del nostro Paese e facendo riferimento alle buone pratiche al servizio dei malati. Soluzione sostenuta dalle firme di tanti dializzati e da 5.000 cittadini lucani.

Matera,28/06/2017

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