CONFCOMMERCIO: PIU’ IMPRESE RISTORAZIONE IN PROVINCIA DI POTENZA

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Più imprese di ristorazione in provincia di Potenza e più cambiamenti di stili alimentari: è la conclusione di un’indagine condotta da Fipe-Confcommercio. Il primo dato – si sottolinea – è la crescita delle attività di ristorazione (non solo ristoranti ma anche pub, locali per giovani) che complessivamente nel primo trimestre del 2017 in provincia di Potenza sono 297 contro i 292 del primo trimestre 2016. C’è poi l’effetto generazionale: i giovani under 35 sono quelli che puntano maggiormente sul settore con proposte alimentari innovative e salutiste. Una situazione -commentano Michele Tropiano, dirigente Confcommercio Imprese Italia Potenza e Giovanni Formato, presidente Fipe Potenza – che nella nostra realtà registra una crescita di qualità grazie soprattutto all’impegno dell’Unione Cuochi Lucani e alla nuova generazione di gestori di esercizi food confermando che la ristorazione è un settore in ottima salute. Ed è cresciuta anche l’occupazione nel settore (più 7%) con il 72% di dipendenti “under 40”: la ristorazione si dimostra un settore ideale per i giovani. E lo potrebbe essere ancora di più, visto che ora sottolinea Tropiano le imprese fanno fatica a trovare personale qualificato per alcuni profili professionali necessari invece alla loro attività. In generale, la ristorazione garantisce oggi un lavoro ‘sicuro’: quasi 8 lavoratori su 10 (76%) hanno un contratto a tempo indeterminato, il 18% a tempo determinato e il resto è stagionale.

Dal nostro studio – aggiungono i dirigenti di Confcommercio – emergono alcuni elementi significativi: da noi il 90% dei ristoranti sceglie prodotti a filiera corta, mentre l’84% cambia il menù al massimo entro 4 mesi e almeno un terzo dei locali prevede menù dedicati a chi ha specifiche esigenze di salute. Ancora, si mangia sempre più fuoricasa: oggi il 35% della spesa alimentare delle famiglie è indirizzato su bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie, pasticcerie, a testimonianza dell’importanza e il valore della tradizione tutta italiana della convivialità. Questo comporta per i pubblici esercizi l’assunzione di una particolare responsabilità nei confronti della clientela per promuovere una sempre maggiore attenzione all’aspetto del benessere, tenendo anche conto delle nuove esigenze alimentari e delle intolleranze. A tale proposito la nostra indagine evidenzia una percezione particolarmente positiva nei confronti dei bar e ristoranti, che fa comprendere quanto il mondo dei pubblici esercizi rappresenti per i clienti una sorta di grande famiglia dove apprezzare la qualità e in cui riporre fiducia. Ad esempio è positivo vedere dalla ricerca di Fipe che i clienti non prestano particolare attenzione al tema della tracciabilità degli alimenti in quanto si affidano al ristorante che hanno scelto. Sulla base di questo legame, l’aspetto su cui concentrare gli sforzi per il futuro sarà soprattutto la comunicazione alla clientela dei valori di sostenibilità, incentivando ad esempio la virtuosa pratica della family bag.

Anche nei consumi al ristorante si trovano le conferme del cambiamento dei modelli alimentari: la carne viene segnalata in forte calo, così come l’uso del sale e del burro. Cresce significativamente il consumo di verdura, mentre viene confermata una scarsa attenzione alla frutta. In controtendenza al ristorante il consumo di primi piatti (soprattutto della pasta che resta un pilastro del modello alimentare italiano), e dei dessert, legati al piacere della convivialità. L’aumento delle intolleranze alimentari, delle allergie e delle malattie metaboliche fa in modo che la ristorazione si attrezzi sempre di più per dare risposte ai consumatori con queste problematiche. Oltre i due terzi dei ristoranti intervistati dichiara di avere menù per chi ha specifiche esigenze di salute e/o intolleranze mentre sei ristoranti su dieci sono in grado di dare risposta a quei consumatori che hanno particolari esigenze dietetiche.

L’importanza della ristorazione nei consumi alimentari delle persone sta determinando una nuova sensibilità e responsabilità da parte delle imprese del settore, quantomeno in quelle basate su modelli di offerta più tradizionali. Partendo da questa consapevolezza si scopre che nella ristorazione i consumatori ricercano pietanze più leggere ma senza lo stress della lista delle calorie: il 59% dei clienti si dimostra poco interessato a conoscere questo aspetto.

E per quanto riguarda la tracciabilità e provenienza degli alimenti, la fiducia riposta dai clienti nei ristoranti selezionati fa in modo che questi aspetti non siano argomenti a cui prestare grande attenzione. Attenzione che viene assicurata dai ristoratori, i quali privilegiano sempre più la qualità dei prodotti e il rispetto dei cicli stagionali. L’uso di prodotti Dop e Igp è ormai una larga consuetudine: il 90% degli intervistati punta sulle filiere corte, mentre è in forte espansione l’uso di prodotti bio. L’84% dei ristoratori cambia il menù al massimo ogni 4 mesi. Il mangiare tipico lucano è alternato a menù non tradizionali e più creativi ma sempre con prodotti locali.

Un altro driver della ristorazione riguarda l’attenzione all’ambiente e al tema dello spreco alimentare. I pubblici esercizi sono sempre più sensibili ad una gestione sostenibile della propria attività, ad esempio limitando gli sprechi idrici, scegliendo lampade a led, elettrodomestici a basso consumo o ricariche per i detergenti. Un aspetto su cui lavorare riguarda la promozione di questi valori nei confronti della clientela e del pubblico: ad esempio solo un ristorante su quattro usa acqua microfiltrata e solo il 14% del campione intervistato dona il cibo non utilizzato ad associazioni caritatevoli. Su questo aspetto la legge sullo spreco alimentare entrata in vigore nel mese di settembre 2016 potrà avere effetti positivi.

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