ACQUA DEL PERTUSILLO, PITTELLA LA SMETTA DI FARE IL FINTO AMBIENTALISTA E SPIEGHI PERCHÉ LA REGIONE CONOSCEVA DA ANNI LO STATO DEI SERBATOI DEL COVA E NON È INTERVENUTA

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Basta chiacchiere, coperture, commistioni e sottovalutazioni sullo stato dell’acqua del Pertusillo, sull’ambiente e sulla salute dei cittadini. Il rischio che il petrolio del Cova-Eni stia inquinando le falde acquifere della Val d’Agri e di conseguenza quelle dell’invaso del Pertusillo è molto alto e il ping pong delle diffide e delle risposte tra Regione Basilicata e Eni lo confermano. Nonostante le rassicurazioni dell’Eni e le colpevoli e tardive diffide e conferenze di servizio del governatore Pittella e dell’assessore Pietrantuono, chi ha un po’ di senso di responsabilità e vuole bene alla Basilicata, dovrebbe ammettere che i motivi del nostro allarme sono veri e facilmente riscontrabili se si vanno ad esaminare con attenzione le informazioni conosciute da anni, ma rese pubbliche solo il 3 febbraio scorso, dopo lo sversamento incontrollato di petrolio da uno o più serbatoi di stoccaggio dei quattro realizzati nel Cova di Viggiano. Qui di seguito elenchiamo il quadro della situazione con le inadempienze e le responsabilità: 1) I quattro serbatoi sono stati realizzati nel 1998 senza doppio fondo di protezione e sono stati poggiati su una fondazione di soli 10 centimetri di calcestruzzo, oltre a uno strato di rocce da cava e un conglomerato bituminoso; 2) Eni e la Regione in varie note ufficiali si sono ‘autodenunciati’ e hanno dichiarato che dal 2008 ad oggi sono stati effettuati numerosi interventi per fronteggiare l’usura e il degrado dei serbatoi e che solo nel 2013 è stato realizzato il doppio fondo ad un solo serbatoio. Inoltre, Eni ha fatto sapere che entro il 2017 realizzerà i doppi fondi a tutti i serbatoi (si tratta di un’esplicita ammissione con cui si afferma che per garantire la sicurezza dei serbatoi il doppio fondo è necessario); 3) Eni in un comunicato diffuso lunedì scorso si è nuovamente ‘autodenunciata’ sostenendo che “siccome il Cova per poter funzionare ha bisogno di almeno due serbatoi attivi, attualmente ha in esercizio solo i due che rispettano le condizioni di sicurezza e cautela, uno dotato di doppio fondo ed uno di cui è stata accertata la tenuta con sofisticate tecnologie di indagine”. Quindi Eni ha ammesso ancora una volta che solo il serbatoio con il doppio fondo è quello realmente affidabile e sicuro, di conseguenza gli altri tre sono stati utilizzati per molti anni senza che avessero garanzie di sicurezza; 4) Il 14 marzo scorso, la Regione, dopo molti anni di silenzio, ha diffidato l’Eni dall’utilizzare i tre serbatoi senza doppio fondo ed ha imposto alla multinazionale aggiornamenti e controlli periodici da parte di Arpab su quanto disposto (lunedì scorso il Tar ha stranamente respinto la diffida della Regione); 5) Eni, a distanza di circa due mesi dal 3 febbraio scorso, quando fu riscontrato per la prima volta che in alcuni pozzetti della rete di depurazione all’esterno del Cova c’era petrolio, secondo notizie di stampa, sta ancora continuando gli interventi di aspirazione del greggio tramite autopompe per mettere in sicurezza le aree coinvolte (quanto petrolio è fuoriuscito finora? dove è finito?); Davanti ad un quadro come questo le domande alle quali bisogna dare risposte sono tante: perché il Cova di Viggiano continua a funzionare nonostante i serbatoi non siano sicuri; perché la Regione Basilicata è rimasta in silenzio per anni e ha fatto le diffide solo dopo la fuoriuscita del petrolio? perché la Regione, si è limitata alle diffide (sospese lunedì dal Tar) e non emana un provvedimento di blocco delle attività del Cova applicando il principio di precauzione? A che punto è la nuova inchiesta aperta dalla Procura di Potenza dopo la fuoriuscita di petrolio dei giorni scorsi? Ci sono legami con l’inchiesta Trivellopoli dell’anno scorso per la quale è stato chiesto il rinvio a giudizio di 58 persone e 10 società tra cui l’Eni? I danni all’ambiente, all’acqua e alla salute dei cittadini bisogna prevenirli prima e non quando sono già avvenuti. La posta in gioco è troppo alta e nessuna giustificazione economica, di royalties o di altro tipo può essere accettata come alibi per continuare lo scempio. Il racconto e le strategie propagandistiche del governatore Pittella che all’improvviso si è svegliato dal letargo e vuole fare il paladino della tutela ambientale e della salute pubblica, non ci convincono neanche un po’. Se Pittella fosse sincero dovrebbe prima di tutto spiegare perché, per anni e anni, ha sostenuto le scelte del Pd, di Bubbico e di De Filippo che hanno consentito a Eni di devastare la Val d’Agri e a Total di aggredire l’area del Camastra Alto Sauro. Ora, dopo che Eni da venti anni sta facendo i suoi comodi e Total sta per avviare un’altra bomba ecologica con il Centro Olio di Tempa rossa, è troppo comodo fare finta di condividere le battaglie delle associazioni ambientaliste e di chi, come il Movimento 5 Stelle, ha sempre denunciato quello che stava avvenendo e ha fatto proposte alternative rispetto alle estrazioni del petrolio.

PIERNICOLA PEDICINIEurodeputato del M5S

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