EX CEMENTI DELLA LUCANIA, PRESSING DI FILCA FILLEA FENEAL PER LO SBLOCCO DEL CONCORDATO PREVENTIVO

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Senza concordato impossibile accedere al fondo di garanzia per il pagamento del trattamento di fine rapporto ai 51 ex dipendenti del cementificio lucano che intanto stanno esaurendo il periodo di mobilità
Potenza, 27 febbraio 2017 – Alcuni lavoratori hanno già esaurito il periodo della mobilità, altri perderanno l’ammortizzatore sociale entro il 2017, la restante parte entro il 2018. Il futuro di 51 lavoratori della ex Cementi della Lucania è appeso ad un concordato preventivo che non arriva mai a causa dei tempi biblici della giustizia italiana e dei conflitti all’interno della compagine societaria tra il gruppo Italcementi, finito nel frattempo nelle mani tedesche della Heidelberg Cement, che si oppone alla procedura di concordato, e il gruppo Marroccoli, storico proprietario del più antico cementificio lucano, fondato addirittura nel 1892. Una storia lunga oltre 120 anni che non ha resistito alle scosse della crisi economica e della riduzione degli investimenti in opere pubbliche, scosse che hanno fatto letteralmente crollare la domanda di calcestruzzo, tornata ai livelli degli anni ’60 secondo i dati dell’Atecap, l’Associazione tecnico economica del calcestruzzo preconfezionato.
Oggi a Potenza si è tenuta un’assemblea indetta dalle segreterie regionali dei sindacati di categoria Filca Fillea Feneal, alla presenza dei segretari Michele La Torre, Enzo Iacovino e Carmine Lombardi, per fare il punto della vertenza. Il messaggio che arriva dall’assemblea è inequivocabile: se entro marzo il tribunale non farà chiarezza sui tempi del concordato preventivo, sarà mobilitazione. In ballo c’è l’accesso al fondo di garanzia Inps che consentirebbe di liquidare agli ex dipendenti della Cementi della Lucania il trattamento di fine rapporto per un ammontare che oscilla tra i 40 e i 50 mila euro a testa.
“Noi non chiediamo la proroga degli ammortizzatori sociali – hanno spiegato nel corso dell’assemblea La Torre, Iacovino e Lombardi – ma chiediamo alla magistratura di accelerare le procedure e sbloccare dopo due anni di attesa la questione del concordato preventivo per dare un po’ di respiro alle famiglie di questi lavoratori, alcuni dei quali hanno già esaurito la mobilità e non hanno alcuna forma di sostegno al reddito. Si tratta in altri termini di liquidare quanto maturato dai lavoratori attraverso il fondo di garanzia, così come prevede la normativa in queste situazioni”. La Torre, Iacovino e Lombardi hanno anche sollecitato l’intervento delle istituzioni locali “per non lasciare soli questi lavoratori”.
Ma da dove nasce la crisi della Cementi della Lucania? È sufficiente dare un’occhiata al rapporto Atecap 2016 per comprendere la gravità della situazione. “Nel settore del calcestruzzo preconfezionato – si legge nel rapporto – in nove anni si è perso quasi mezzo secolo di sviluppo, una perdita complessiva pari al 65,17% della propria produzione e in larga misura concentrata negli ultimi anni. In termini di volumi, la produzione di calcestruzzo è passata da 72,5 milioni di mc nel 2007 ad appena 25,2 milioni nel 2015, con una perdita di 47,3 milioni di mc in otto anni, un calo di circa 6 milioni di mc all’anno”.
“Una dinamica simile si rileva per le consegne interne di cemento che in cinque anni, dal 2011 al 2015, sono passate da 31,6 milioni di tonnellate nel 2011 a 18,7 milioni nel 2015, con una perdita di 12,8 milioni di tonnellate corrispondente al -40,59%. A soffrire sono i principali driver del mercato del calcestruzzo preconfezionato, ovvero la nuova edilizia abitativa e le costruzioni non residenziali. In particolare nel 2015 gli investimenti in nuove abitazioni hanno subito una riduzione del -6% rispetto al 2014 mentre gli investimenti in costruzioni non residenziali privati e pubblici -1,2%”.

 

Il rapporto Atecap 2016 si può scaricare da questo link: https://goo.gl/3OyMmC.

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