ANMIL: un bilancio di fine anno tra conquiste e future battaglie

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VITTIME SUL LAVORO 2016:

TRA CONQUISTE E BATTAGLIE ANCORA APERTE

È UN BILANCIO NON ESALTANTE PER L’AZIENDA ITALIA

 Roma, 30 dicembre – Il 2016 è stato per l’ANMIL un anno impegnativo che, nonostante le difficoltà legate alla crisi economica che si protrae da alcuni anni, ha permesso all’Associazione di ottenere importanti miglioramenti della tutela riconosciuta ad invalidi del lavoro, vittime di malattie professionali, vedove e orfani.

I DIRITTI CONQUISTATI

L’anno si è aperto con l’introduzione dell’adeguamento automatico degli indennizzi INAIL per il danno biologico: una grande conquista dell’ANMIL che assicurerà finalmente l’adeguamento annuale delle prestazioni, finora rivalutate solo in via straordinaria. Il lavoro dell’Associazione è proseguito sul fronte del reinserimento lavorativo degli invalidi del lavoro, aspetto cruciale della presa in carico, che grazie alle sollecitazioni dell’ANMIL è stato attribuito alla competenza diretta dell’INAIL. L’Istituto ha già emanato un Regolamento di prima attuazione, che offre soluzioni per la conservazione del posto di lavoro dopo un incidente o una malattia professionale, ma si sta lavorando per l’adozione di misure specifiche per il ricollocamento presso altra azienda o settore produttivo, quando la conservazione del posto non sia materialmente possibile, e per coinvolgere nei percorsi di reinserimento anche gli invalidi del lavoro e i tecnopatici già iscritti nelle liste per il collocamento mirato.

Al 31 dicembre 2015 le rendite gestite dall’INAIL erano oltre 755.000, con 16.993 nuove costituzioni solo lo scorso anno. Numeri importanti per una prestazione che non aveva ancora mai ricevuto il giusto riconoscimento, comportando effetti penalizzanti sui suoi titolari.

In merito c’è da sottolineare un altro grande risultato di questo 2016, legato a una delle storiche battaglie dell’ANMIL per le vittime del lavoro, ossia il riconoscimento legislativo della natura risarcitoria della rendita INAIL, inserito nel Decreto Fiscale collegato alla manovra di Bilancio per il 2017. Lo scorso 24 novembre, infatti, il Senato ha approvato in via definitiva il testo del disegno di legge di conversione – con una misura elaborata dall’ANMIL stessa e accolta dal Governo – e il decreto dispone espressamente che la rendita INAIL è una prestazione economica di natura risarcitoria del danno subito dall’assicurato, per effetto dell’infortunio sul lavoro o della malattia professionale e per questo non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini tributari.

“Una grande vittoria – ha precisato il Presidente Nazionale ANMIL Franco Bettoni – che mette in chiaro una volta per tutte che la rendita INAIL non è una fonte di ricchezza, ma il risarcimento per un danno subito dal lavoratore e, in quanto tale, non può essere contemplata nel reddito di chi la percepisce”.

I NUMERI DEL FENOMENO

Impossibile però non partire – per questo bilancio di fine anno – dal dato riferito al fenomeno infortunistico, che, come noto, negli ultimi decenni ha mostrato una costante tendenza alla diminuzione, in particolare a partire dal 2008 e fino al 2014. In questi anni in cui il Paese ha attraversato una profonda crisi economica, al favorevole trend in atto si è sommato, infatti, il calo della produzione e dell’occupazione che ha comportato una parallela contrazione dell’esposizione al rischio infortunistico. Negli ultimi anni, tuttavia, si sta assistendo ad un progressivo rallentamento della favorevole dinamica dell’andamento infortunistico che aveva fatto registrare un -8,8% nel 2012, -6,8% nel 2013, -4,6% nel 2014 e – 4,0% nel 2015.

Nel 2016, purtroppo, la situazione è ulteriormente peggiorata e si prospetta un bilancio infortunistico con un saldo che, dopo tanti meno, è destinato addirittura a cambiare di segno.

Dai recenti dati pubblicati dall’INAIL nella sezione statistica Open Data, infatti, nel periodo 1° gennaio-30 novembre 2016 si rileva un incremento delle denunce di infortuni sul lavoro di circa 5.200 unità (dai 582.400 circa del 2015 ai 587.600 del 2016), pari a +0,9%.

In base alla modalità di accadimento, la crescita registrata tra gli infortuni in occasione di lavoro è stata dello 0,5% (circa 2.700 infortuni in più, dai 499.300 circa del 2015 ai 502.000 del 2016), mentre per gli infortuni in itinere l’incremento è stato pari a circa 2.500 unità (dagli 83.100 del 2015 agli 85.600 del 2016), vale a dire +3,0%.

I settori di attività in cui si riscontra la maggiore crescita infortunistica sono: i Servizi alle imprese (+6,6%), i Trasporti (+5,1%), la Fabbricazione di autoveicoli (+5,1%) e la Metalmeccanica (+2,9%); mentre prosegue anche nel 2016 il calo degli infortuni in Agricoltura (-4,2%).

Fortunatamente, per quanto riguarda le morti per incidenti sul lavoro, si registra un calo consistente delle denunce di 145 unità (dai 1.080 dei primi undici mesi del 2015 ai 935 dell’analogo periodo 2016) pari a -13,4%. Si tratta di un risultato che era atteso con forte trepidazione anche perché nell’anno precedente si era verificata un’improvvisa quanto inaspettata crescita degli infortuni mortali di circa 100 unità (dai 1.152 del 2014 ai 1.246 del 2015) e si temeva che, dopo un decennio ininterrotto di contrazione delle morti sul lavoro, il 2015 segnasse un’inversione di tendenza nell’andamento delle morti sul lavoro: una situazione che nel nostro Paese non si verificava dal 2006. Almeno su questo versante, ci si può quindi ritenere moderatamente soddisfatti, anche se va sottolineato che nelle ultime settimane si è assistito ad un continuo stillicidio di tragedie di lavoratori morti sul lavoro, compresa quella gravissima di Messina dove tre operai sono morti ed altrettanti sono rimasti feriti all’interno di una cisterna di una nave ancorata al porto della città siciliana.

Per quanto riguarda le malattie professionali, sempre dai dati INAIL risulta che sono state notificate circa 55.900 denunce contro le 54.400 del 2015, con un incremento del 2,9%. Continua pertanto a rallentare la corsa alla denuncia di patologie professionali che si era iniziata a partire dal 2008 a ritmi elevatissimi. A partire da quell’anno ad oggi, infatti, si è registrato praticamente il raddoppio delle denunce: da circa 30.000 del 2008 alle 60.000 del 2015. Anche nei primi undici mesi del 2016 le patologie dell’apparato muscolo-scheletriche sono cresciute in misura molto superiore alla media, passando dalle 32.300 del 2015 alle 34.100 del 2016 con un incremento di circa 1.800 casi pari a +5,8%. Per le malattie professionali “tradizionali” più diffuse (respiratorie, cutanee, ipoacusie da rumore, tumori, …) si registra, invece, una sostanziale stabilità o leggere contrazioni.

Una lettura corretta e significativa dell’evoluzione del fenomeno infortunistico va necessariamente effettuata inquadrandola nel contesto socioeconomico in cui esso si sviluppa, con particolare riferimento a quelli che sono i fattori della produzione.

C’è da rilevare, in questo senso, che dopo oltre un triennio di profondo rosso che aveva fatto registrare un andamento disastroso del PIL (-2,8% nel 2012, -1,7% nel 2013 e -0,3% nel 2014), il 2015 aveva cominciato a manifestare timidi ma significativi segnali di ripresa per l’azienda Italia, con il PIL (che rappresenta, in pratica, la ricchezza prodotta dal Paese) in crescita dello 0,7 annuo. La crescita tende a proseguire anche nel 2016: nel terzo trimestre del 2016 (ultimo dato disponibile di fonte ISTAT) il prodotto interno lordo è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dell’1% nei confronti del terzo trimestre 2015.

LA CORRELAZIONE TRA AUMENTO PRODUZIONE/OCCUPAZIONE E INFORTUNI

Da un punto di vista strettamente tecnico non si può affermare che esista una correlazione o una corrispondenza “esattamente misurabile” tra incremento della produzione e dell’occupazione da una parte e crescita degli infortuni dall’altra; tuttavia è innegabile, innanzitutto, il fatto che un aumento del monte-lavoro (espresso in numero di occupati o di ore lavorate) equivalga automaticamente ad un aumento dell’esposizione al rischio. Inoltre i fattori di rilancio della ripresa economica hanno innescato una progressiva accelerazione dei ritmi di lavoro, del grado di utilizzo degli impianti, dell’assunzione di personale temporaneo, precario e probabilmente inesperto (l’aumento dell’occupazione sta riguardando soprattutto lavoratori “a termine” e “voucher”), fattori che incidono negativamente sugli standard di sicurezza abituali e possono generare situazioni di rischio per i lavoratori. Non va dimenticato, infine, che tali segnali di ripresa si stanno manifestando principalmente nell’area della produzione manifatturiera, nei servizi alle imprese e nei trasporti che sono proprio quei settori, ad alto rischio, in cui questi undici mesi del 2016 hanno segnato i maggiori peggioramenti negli andamenti infortunistici.

CONTROLLI PIÙ EFFICIENTI CON L’ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO

Alla luce delle statistiche, non possiamo tuttavia trascurare che sul fronte della prevenzione, l’istituzione dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro rappresenta senz’altro un importante passo avanti nel miglioramento del livello di effettività delle tutele e di una maggiore legalità nel mercato del lavoro. Istituito dal Jobs Act, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro è una nuova agenzia pubblica che, ottimizzando le risorse già presenti sul territorio del Ministero del Lavoro, dell’Inps e dell’INAIL, mira a incentivare il rispetto della normativa vigente e della legalità, anche (e soprattutto) attraverso l’individuazione – mediante controlli a campione – di tutte quelle imprese che operano nell’irregolarità.

Le attività di vigilanza del neonato Ispettorato, guidato da Paolo Pennesi, scatteranno a gennaio, e tra le priorità per il nuovo anno spiccano i controlli per frenare il lavoro “nero” e il caporalato; ma ci saranno anche verifiche ad hoc per “testare” il corretto utilizzo di voucher e tirocini, e in generale per certificare la corretta qualificazione dei rapporti di impiego. Nel mirino anche l’edilizia, con controlli volti a salvaguardare salute e sicurezza, e contrastare così l’allarmante fenomeno degli infortuni sul lavoro.

I PRIMI RISULTATI DELLE ATTIVITÀ ISPETTIVE

Nel corso della presentazione dell’Ispettorato, il dicastero guidato da Giuliano Poletti ha reso noti i risultati dell’attività ispettiva nei primi 9 mesi dell’anno: gli “accessi” presso imprese sono stati 103.348 e ci sono stati anche 5.104 accertamenti in materia di cassa integrazione e contratti di solidarietà. In totale, sono stati contestati illeciti a 57.307 imprese, con un tasso di irregolarità complessivo, quindi, pari a circa il 61 per cento. I lavoratori “in nero” accertati sono risultati 30.416, in crescita dell’8% rispetto allo stesso periodo 2015. L’INAIL ha ispezionato 14.716 aziende e riscontrato irregolarità nell’88% dei casi. I lavoratori irregolari accertati, compresi quelli in nero sono stati 44.330. L’INPS ha ispezionato 22.199 aziende rilevando irregolarità in 17.037 e trovando 17.736 lavoratori irregolari (7.065 completamente in nero).

LE BATTAGLIE DELL’ANMIL PER IL 2017

Alla luce di questo importante riconoscimento legislativo, l’ANMIL resta inoltre impegnata per ottenere la definitiva abolizione del divieto di cumulo tra le prestazioni liquidate dall’Inps a seguito di infortunio o malattia professionale e la rendita INAIL che ha per oggetto lo stesso evento invalidante, fino a concorrenza della rendita stessa.

Su altri fronti, rimangono in ogni caso da affrontare anche altre importanti battaglie, a partire dalla necessità di una riflessione sull’inadeguatezza della normativa in tema di assistenza personale continuativa – al di là della circostanza che il suo ammontare non è allineato con quello di situazioni analoghe –, inadeguatezza legata all’estrema rigidità del meccanismo di concessione che non consente di modulare l’intervento rispetto alle diversificate esigenze, valorizzabili invece con un più duttile meccanismo, nell’alveo – comunque – della gestione assicurativa.

Serve poi una riconsiderazione delle prestazioni riconosciute ai superstiti di infortuni e malattie professionali, alla luce dell’evoluzione della società e dei rapporti familiari, la corresponsione delle quote integrative della rendita INAIL fino al ventiseiesimo anno di età del figlio o fino al trentesimo in caso di iscrizione ad elenchi o liste per il collocamento obbligatorio. Ancora: l’esigenza di estendere l’istituto dell’APE sociale, previsto dalla Legge di Stabilità 2017 solo per i disabili con un’invalidità pari o superiore al 74% riconosciuta dalle competenti commissioni per l’invalidità civile, anche agli invalidi del lavoro dal 60%. E non per ultimo urge il complessivo adeguamento della tutela per i rischi professionali delle donne lavoratrici alle specificità di genere.

Tornando invece al tema del reinserimento lavorativo degli invalidi, occorre ulteriormente adoperarsi per superare le difficoltà attuali attraverso un migliore sistema di orientamento e protezione dei lavoratori che risultino non più collocabili nella medesima azienda, specie se tale inidoneità derivi da un infortunio sul lavoro o da una malattia professionale.

Nei paesi Europei maggiormente virtuosi nella ricollocazione lavorativa degli invalidi del lavoro sono ampiamenti utilizzati adattamenti nell’orario di lavoro, interventi di ripresa lavorativa sussidiata a scopo riabilitativo, misure semplici ma tempestive che ricoprono un consenso crescente, in particolare per il ruolo che possono avere nell’evitare quei percorsi di uscita dal lavoro a seguito di infortuni gravi. L’Italia si sta avvicinando a questo modello e in questo senso la Legge di Stabilità 2016 ha recepito una sollecitazione forte della nostra Associazione, affinché l’INAIL venisse riconosciuto come soggetto incaricato del reinserimento e dell’integrazione lavorativa degli invalidi del lavoro: un tassello ancora mancante, ma fondamentale, nella tutela globale che ha nell’INAIL il suo punto di riferimento.

Con riferimento alle particolari esigenze della categoria dei grandi invalidi, resta tuttavia indispensabile la realizzazione di servizi atti a garantire la completa presa in carico dei soggetti interessati prevista dal testo unico 1124/1965 per quanto riguarda le esigenze di: cure sanitarie, rieducative e palliative; fornitura di protesi ed interventi per il superamento delle barriere architettoniche; assistenza domiciliare con integrato apporto al ruolo delle famiglie; sostegno psicologico, sociale e professionale. Anche su questo tema è aperto un costante confronto con l’INAIL, che viene sollecitato da tempo a definire iniziative per garantire una efficace tutela delle più gravi menomazioni invalidanti, anche valutando la possibilità di “costruire” strutture ove, con la collaborazione del Terzo Settore, si possa fornire agli interessati un trattamento integrato.

Insieme vogliamo raccogliere quello che di buono è stato seminato in questo 2016, riflettendo tuttavia su numeri che ancora parlano di troppe vittime di lavoro. Per questo, il nostro lavoro proseguirà nell’anno che sta per iniziare con rinnovato impegno ed entusiasmo, con cui ci prepariamo ad affrontare le sfide che ci aspettano, contando di tagliare nuovi e ambiziosi traguardi con la stessa determinazione di sempre, affinché di lavoro si possa vivere e non morire.

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