Caos sulla qualificazione degli installatori impianti da rinnovabili FER: solo 8 Regioni hanno regolato la materia: manca la Basilicata

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La denuncia arriva direttamente da Cna impianti, che compone la mappa di una riforma mai decollata.

Solo otto Regioni intervenute a regolare la materia, a più di cinque anni dall’entrata in vigore della legge che chiedeva il loro intervento. Una miriade di schemi di qualificazione e di aggiornamento diversi, quasi uno per ogni Regione. Evidenti problemi di concorrenza, dal momento che, nelle aree dove non sono arrivate le delibere regionali, valgono ancora le vecchie norme generali del Dm n. 37/2008. La denuncia arriva direttamente da Cna impianti, che compone così la mappa di una riforma mai decollata: quella sulla qualificazione degli installatori di impianti da rinnovabili. Nonostante gli sforzi di questi anni, la situazione resta di caos. Se, ad esempio, in Lombardia c’è un sistema già funzionante, basta spostarsi nel Lazio per trovarsi senza regole precise. Con effetti molto negativi in termini di impatto sul mercato.

La questione nasce dal Dlgs n. 28 del 2011, che recepisce le norme europee in materia di promozione dell’utilizzo dell’energia da fonti rinnovabili e che, all’articolo 15, stabilisce: “Le Regioni e le Province autonome attivano un programma di formazione per gli installatori di impianti a fonti rinnovabili o procedono al riconoscimento di fornitori di formazione, dandone comunicazione al ministero dello Sviluppo economico e al ministero dell’Ambiente“. La norma fissa anche un termine, più volte prorogato e mai rispettato: al momento è il 31 dicembre del 2016. In pratica, i governatori avrebbero dovuto definire due aspetti principali: i contenuti dei corsi da 80 ore che gli installatori devono sostenere (con aggiornamento periodico) e le modalità di accreditamento degli enti che possono fare la formazione.

Questa norma è in vigore dal 29 marzo del 2011 ma, da allora, ha avuto un’applicazione parecchio discontinua. Al momento, infatti, sono solo otto le Regioni che hanno approvato delibere nelle quali regolano la materia. Anche se molte di loro si sono concentrate solo sui corsi di aggiornamento e non sulle regole di qualificazione. L’ultima in ordine di tempo è stata la Toscana, che si è mossa nella seduta della giunta regionale del primo agosto scorso. Negli anni precedenti, invece, erano arrivate Lombardia, Veneto, Piemonte, Umbria, Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna. Molti gli assenti illustri da questo elenco, soprattutto al Centro e Sud. Le distorsioni create da questa situazione sono evidenti. Anzitutto, perché le Regioni che hanno regolato la materia lo hanno fatto ciascuna seguendo un proprio canovaccio: quindi, anche a pochi chilometri di distanza, le imprese devono seguire regole differenti. La Lombardia, ad esempio, è l’unica area nella quale i corsi abilitanti risultano destinati anche agli installatori che, senza conseguire un diploma o un altro titolo, si sono qualificati sul campo, lavorando per almeno tre anni (la lettera d) del Dm n. 37/2008). Negli altri casi, invece, solitamente devono passare dai corsi gli installatori “lettera c)”, che hanno conseguito un attestato diverso da una laurea o da un diploma di scuola secondaria. A questo, poi, bisogna aggiungere l’effetto distorsivo causato dalle Regioni che non hanno regolato la materia. Per loro, infatti, valgono le norme generali del Dm 37/2008: in pratica, chi fa già attività di installazione di impianti non ha bisogno di una qualificazione extra per svolgere questo tipo di lavori. Questo provoca una disparità evidente, dal momento che aziende che svolgono attività simili a pochi chilometri di distanza sono sottoposte a oneri differenti, con costi e adempimenti diversi. Come corollario di questa situazione, c’è la scarsa chiarezza per i clienti finali, che non hanno a disposizione un quadro consultabile delle imprese effettivamente qualificate. Per questo, Cna ha allo studio un intervento. Ne parla il Presidente della CNA Matera Leo Montemurro: “In base all’attuale sistema, una volta ottenuta la qualificazione o completato il periodo di aggiornamento, i titoli di qualificazione dovrebbero essere accessibili al pubblico per via informatica, a cura del soggetto che li rilascia. Tuttavia, tale sistema nella realtà viene largamente disapplicato e tale lacuna sta generando numerosi problemi alle imprese che, una volta qualificate e dopo aver svolto il percorso formativo di aggiornamento, non hanno la possibilità di riscontrare la loro avvenuta qualificazione e oltretutto subiscono una concorrenza sleale da parte di chi prosegue l’attività senza essere in possesso dei requisiti necessari”. L’intervento dovrebbe portare alla nascita di “un sistema efficace di controllo sul reale possesso dei requisiti di qualificazione delle imprese che installano impianti Fer; come Cna solleciteremo i parlamentari a presentare un emendamento alla legge di Stabilità che modifichi l’articolo 15 del decreto legislativo 28/2011 e consenta la trasmissione del titolo abilitativo direttamente alla Camera di commercio competente per territorio. In questo modo, mediante la visura camerale, sarebbe più semplice, anche per gli utenti finali, conoscere lo stato di qualificazione degli operatori Fer”.

 

Matera, 29.09.2016

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